martedì 9 aprile 2019

[Recensione] "In the Neighborhood of True" di Susan Kaplan Carlton

Dopo avergli puntato addosso i riflettori alla fine della settimana scorsa, ecco che finalmente arriva la recensione che (forse) state aspettando da più di un mese. 

Ringrazio Brittani della Algonquin Books per la copia digitale in anteprima.


Titolo: In the Neighborhood of True
Autrice: Susan Kaplan Carlton
Data di uscita: 9 aprile 2019
Pagine: 320 (Kindle Edition)
Editore: Algonquin Young Readers
Link Amazon: https://amzn.to/2Nu2NzQ

Trama [tradotta da me]: Dopo la morte di suo padre, Ruth Robb e la sua famiglia si trasferiscono nell'estate del 1958 da New York City a Atlanta—la terra delle debuttanti, del tè dolce e del Ku Klux Klan. Nella sua nuova cittadina Ruth capisce presto che può essere ebrea oppure può essere popolare, ma non può essere entrambe. Ansiosa di far parte del gruppo di ragazze bionde che si distinguono per i loro vestiti dai colori pastello, Ruth decide di nascondere la sua religione. Prima che se ne renda conto, si innamora del bellissimo e affascinante Davis e si ritrova a sorseggiare Coca Cola con lui e i suoi amici tutti bianchi e tutti cristiani.

Ha qualche importanza il fatto che la madre di Ruth la faccia andare alle funzioni della vicina sinagoga ogni settimana? No, non finché nessuno al di fuori della sua famiglia viene a conoscenza della verità. Al tempio Ruth incontra Max, che è un ragazzo serio e molto dedito alla lotta per la giustizia sociale e ora si ritrova incastrata tra due mondi, due religioni e due ragazzi. Ma quando un violento crimine d'odio porta le diverse parti della vita di Ruth in netto conflitto, lei dovrà scegliere tra quello che ha imparato ad amare della sua nuova vita o lottare per ciò in cui crede.


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Avete presente la serie televisiva Hart of Dixie? Quel tripudio di sole e umidità dell'Alabama in cui la nostra protagonista di New York interpretata da Rachel Bilson si trasferisce, per poi ritrovarsi in mezzo a ragazze più giovani alle prese con il ballo delle debuttanti e sue coetanee che ancora vestono con vestiti ampi color pastello? 

Ecco, leggere questo libro è stato come tuffarsi nella fittizia Bluebell di Hart of Dixie - solo che qui siamo ad Atlanta in Georgia nel 1958. 
E che vi devo dire? Vi dico sempre che ho due parti di me contrapposte: c'è quella dall'anima rock e poi c'è quella che rimane incantata da vestiti del genere. 


In seguito alla morte del marito, la madre di Ruth decide di lasciare New York e di trasferire la famiglia nella sua città di origine a casa dei suoi genitori. 
Tutti conoscono i nonni di Ruth e Nattie: Mr. Hank possiede il giornale locale e Fontaine è stata per due volte Regina del Ballo di Magnolia quando era ragazza. Questo dell'essere regina del ballo è un'eredità della famiglia Landry: lo era stata la madre di Fontaine, lo è stata la stessa Fontaine, lo è stata la figlia di Fontaine - Alice. E ora Fontaine vuole la stessa cosa per la nipote, Ruth. 

Ma c'è un problema: nessuno ad Atlanta sa che quando Alice Landry è andata al Nord per studiare al Sarah Lawrence - lo stesso dove ora sta studiando la sorella maggiore di Ruth - e ha incontrato Arthur Robb, quest'ultimo era ebreo e che la stessa Alice poi si è convertita e hanno cresciuto le loro figlie come ebree. 
Ed è qualcosa che non si deve sapere assolutamente, se Ruth vuole avere una vita facile e se vuole entrare nei Club migliori della città e sperare di vincere la corona. 

Per sua stessa ammissione, Ruth è un po' superficiale: si preoccupa dell'aspetto dei suoi capelli, si interessa di moda e vestiti, vuole sempre apparire bella e anche iniziare a flirtare - tutte cose che per i suoi sedici anni sono normali. 
Si trova in un momento in cui si sente lontana dalla sinagoga e dalla lingua ebraica perché tutto le ricorda suo padre e le fa sentire terribilmente la sua mancanza, ma sua mamma le ha offerto un accordo: lei accetterà che Ruth ometta di essere ebrea per frequentare Davis e le altre ragazze del Covenant e per andare al ballo delle debuttanti se però andrà in sinagoga con lei tutte le settimane. 


La trama è fuorviante, non c'è nessun triangolo amoroso - non in senso così marcato. Max è qualcuno con cui può essere se stessa, ebrea come è stata cresciuta, ma che non capisce fino in fondo a causa del suo fervore per la giustizia sociale. Anche qui non penso che gliene si possa fare una colpa, a Ruth - è nata e cresciuta a New York, dove i certo i problemi di odio e crimine razziale non mancano, ma dove la mentalità è più aperta e le disparità meno nette.

Sono anni difficili, quelli. 
Sono gli anni delle persone nere a servizio dei bianchi, sono gli anni delle fontanelle d'acqua contrassegnate e delle file separate al cinema e dei sedili riservati in fondo all'autobus, sono gli anni del Revederendo Martin Luther King Senior, sono gli anni in cui essere ebreo e incitare all'integrazione significa essere "amanti dei negri". 
Sono gli anni dei crimini d'odio, della paura di comunisti ed ebrei, del Ku Klux Klan che dà fuoco alle croci. 

Ed è particolarmente difficile al Sud, in una Georgia ancora così chiusa mentalmente che chiama la guerra tra nordisti e sudisti "la guerra incivile" - ancora livida contro chi viene dal nord e considerato quindi un aggressore. 

Ma Ruth ha sedici anni, a lei interessano balli e vestiti e ragazzi - uno in particolare, Davis. Si sente in colpa per le menzogne, perché deve nascondere una parte di sé, ma l'altra parte vuole quella vita: la vita che hanno avuto sua nonna e sua madre prima di lei. Non posso fargliene una colpa se a sedici anni non pensa di più alla religione, specialmente in seguito alla crisi dopo la morte di suo padre - e questa è una critica che ho letto in giro. Per l'amor del cielo, ha sedici anni - a cosa vuoi che pensi? 

Le relazioni veloci di norma sono una cosa che mi dà alquanto fastidio, ma non qui: forse è il fatto che siamo alla fine negli anni '50, forse è perché all'epoca si faceva tutto più in fretta, ma non mi ha dato fastidio sentire le dichiarazioni d'amore tra Ruth e Davis - anche se solo dopo due mesi che si conoscono. 
Lui si infatua di lei perché è diversa da tutte le altre ragazza di Atlanta, lei di lui perché è oggettivamente bello ed è il primo ragazzo a provocarle i brividi lungo la schiena. Non è così strano che passino all'anello come promessa di un futuro insieme quando sono anni in cui le famiglie sono sempre presenti e il tempo per stare soli scarseggia. 


In the Neighborhood of True è un modo di dire, lo insegna Davis a Ruth. 
È qualcosa che non è strettamente vero, ma che comunque cade nelle "vicinanze" della verità. E quando arriverà il punto in cui i sensi di colpa di Ruth per la doppia vita cominceranno a pesare troppo e un crimine d'odio sconvolgerà la comunità ebraica, lei dovrà scegliere la verità oppure qualcosa che le assomiglia - dovrà scegliere tra la persona plasmata dai suoi genitori oppure la tra persona che avrebbe potuto essere. 

Ha molti temi importanti questo libro. 
Anni di studi scolastici - sebbene superficiali perché non si tratta della nostra storia - e rappresentazioni cinematografiche ci insegnano che il Sud degli Stati Uniti è sempre stato più chiuso mentalmente, sempre attaccato alla schiavitù gestita dai grandi proprietari terrieri. È stato scioccante vedere come la storia viene insegnata al Covenant, questa scuola privata fondata dai membri Metodisti della Atlanta bene - perché se pensate che essere Cattolici vi salvi, beh... vi sbagliate di grosso. È stato scioccante vedere la mancanza di oggettività, vedere come ancora veniva considerato un attacco personale al loro modo di vivere prima della Guerra di Secessione - come quella del Nord sia stata una vera e propria aggressione. 

Ho avuto molti problemi con Fontaine, la nonna di Ruth. 
È chiaro che voglia bene alla nipote e che in fondo lo faccia per proteggerla, ma c'è sempre questo sentore di "fastidio" quando parla con lei. È Fontaine a dirle di tenere segreto il fatto di essere ebrea, è Fontaine a dirle che in città non hanno detto a nessuno di Alice e di chi aveva sposato e come avevano cresciuto le figlie, è Fontaine a spingerla verso il ballo delle debuttanti e a dirle che altrimenti non farà mai parte dei Club migliori della città se viene allo scoperto. 
Le vuole bene, è chiaro - così come vuole bene alla figlia e in qualche modo ammirava il defunto genero. Però c'è sempre quel qualcosa che ti spinge a pensare che anche lei abbia la stessa mentalità degli altri - anche se poi le circostanze mostreranno come sa essere di supporto alle nipoti.

In the Neighborhood of True si basa anche su una storia vera perché davvero un tempio è stato fatto saltare in aria ad Atlanta con la dinamite nel cuore della notte - un tempio il cui rabbino incitava all'integrazione e al superamento delle barriere razziali. 


Il finale gli ha un po' abbassato il voto. 
La storia inizia nel 1959, con Ruth che deve testimoniare ad un processo e poi torniamo indietro di sei mesi, ma di questi mesi noi ne vediamo solo due. A me non ha dato particolarmente fastidio vedere come Ruth fosse più presa dai vestiti e dalle amicizie perché ha sedici anni e ci sta - con il senno di poi però le tempistiche potevano essere gestite meglio e quella parte un po' accorciata. 
Perché dopo gli eventi al Ballo di Magnolia c'è un salto di quattro mesi e siamo di nuovo nel bel mezzo del processo ed ecco, avrei voluto vedere le reazioni della comunità e il cambiamento di Ruth per essere arrivata al punto in cui è in quell'aula di tribunale. 

Quindi non è esattamente un 4, ma più un 3,75. 

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