Questa sarà decisamente una delle recensioni più difficili da scrivere della mia vita.
Ma a quanto pare i libri che potrebbero farmi scrivere solo due righe a me non piacciono.
Ma a quanto pare i libri che potrebbero farmi scrivere solo due righe a me non piacciono.
Titolo: Hate List
Autrice: Jennifer Brown
Data di uscita: 4 aprile 2017
Data di uscita originale: 1 settembre 2009
Pagine: 413 (copertina flessibile)
Editore: Little, Brown Books for Young Readers
Link Amazon: https://amzn.to/2GsSzeO
Trama [tradotta da me]: Cinque mesi fa, il ragazzo di Valerie Leftman, Nick, ha aperto il fuoco sparando nella loro mensa scolastica. Colpita da un proiettile nel tentativo di fermarlo, Valerie ha inavvertitamente salvato la vita di una compagna di classe, ma è stata implicata nella sparatoria a causa della lista che ha aiutato a creare. Una lista di persone e cose che lei e Nick odiavano. La lista che lui ha usato per scegliere i suoi obiettivi.
Ora, dopo un'estate di isolamento, Val è costretta ad affrontare la sua colpa tornando a scuola per completare il suo ultimo anno. Tormentata dal ricordo del ragazzo che ancora ama e facendosi strada in mezzo alle relazioni difficili con la sua famiglia, gli ex-amici e la ragazza a cui ha salvato la vita, Val deve fare i conti con la tragedia che ha avuto luogo e con il suo ruolo in essa, in modo da fare ammenda e andare avanti con la sua vita.
Tanto per citare Jennifer Brown nella sua Author's Note, se lei chiedesse a dieci lettori di che cosa parla questo libro tutti risponderebbero che parla di una sparatoria a scuola.
Ma questa è invece la storia di Valerie Leftman.
Questa è la storia di una ragazza che è sia un'eroina che la cattiva della situazione, la storia di un ragazzo che è sia un mostro che una vittima, la storia di un nemico che è anche un amico.
Ho dovuto citare per forza l'autrice perché non esistono parole migliori per definire questo libro, per descrivere l'ambivalenza dei suoi personaggi e di tutte le zone grigie in cui giusto e sbagliato, vittime e carnefici, egoismo e sofferenza si mescolano provocando nel lettore qualcosa che gli attorciglia lo stomaco in un nodo e lo obbliga a pensare a quello che sta succedendo nel romanzo e a quello che purtroppo succede anche nella realtà.
Ho amato questo libro, ma mi ha fatta davvero stare male.
L'ho letto lentamente perché avevo bisogno di assorbirlo, avevo bisogno di riflettere, avevo bisogno di guarire.
Dal punto di vista strutturale è perfetto.
È diviso in quattro parti: nella prima c'è Valerie che passata l'estate si prepara a tornare a scuola e questi capitoli sono intervallati da quelli che raccontano gli eventi come si sono svolti quel 2 maggio 2008, nella seconda parte c'è Valerie all'indomani della sparatoria, che si risveglia in ospedale con ricordi confusi e viene indagata dalla polizia.
La terza parte è quella che occupa il racconto dell'anno scolastico, la quarta parte è quella dell'epilogo - della conclusione di un capitolo delle loro vite che nessuno dei sopravvissuti o delle famiglie delle vittime potrà mai dimenticare.
E all'incirca per tutta la prima metà del romanzo, ogni capitolo si apre con un articolo del giornale locale all'indomani della sparatoria che raccoglie le testimonianze di chi ha assistito e che racconta chi erano le vittime.
Come parlare di questa storia? Come parlare di Valerie e Nick e tutti gli altri?
Come parlare di tutto quello che contengono queste pagine e di come questo libro dovrebbe assolutamente essere pubblicato e conosciuto ovunque, anche se - fortunatamente - questa non è una nostra realtà?
Come parlare di un atto che non è assolutamente giustificabile, ma che viene in qualche modo comunque reso comprensibile?
Valerie e Nick stavano insieme da tre anni, presi in giro costantemente e con un gruppo di amici che però passava sempre al di sotto del radar di quelli che li tormentavano.
Nick che era dolce, intelligente e amava Shakespeare, ma che veniva preso di mira perché quello nuovo all'epoca dell'inizio delle superiori e perché non ricco come gli altri, magro e forse un po' strano.
Valerie che invece viene tormentata sull'autobus e chiamata "Sister Death" perché si vestiva e si tingeva i capelli di nero e con due genitori incapaci di stare nella stessa stanza senza urlarsi contro oppure ingaggiare una guerra fredda.
Entrambi erano uno il rifiugio dell'altra, erano Romeo e Giulietta - loro contro il mondo.
Valerie che ora invece è conosciuta come "la ragazza che odia tutti", perché anni prima aveva iniziato a scrivere in un quaderno rosso i nomi di coloro che la prendevano in giro e tutto ciò che odiava in quel momento: i bulli che prendevano di mira lei e Nick, i compiti di algebra, il professore che li aveva messi in punizione, i litigi dei suoi genitori, chi li guardava storto, le cose non andavano nell'ambiente e nelle persone che li circondavano, le persone che non volevano essere o diventare.
Quello che era solo un modo per sfogare la frustrazione, per Nick aveva assunto un peso invece diverso e per la polizia costituisce una prova.
Valerie faceva parte della cosa oppure non ne era per niente a conoscenza?
È stata così cieca da non accorgersi di quello che Nick stava organizzando? È mai esistito il ragazzo che amava oppure quel mostro che ha ucciso tutte quelle persone è sempre stato davanti ai suoi occhi?
Questo è un libro che fa male, che coinvolge pienamente il lettore nella paura, nella confusione, nel dolore e nella rabbia che prova Valerie.
Ama ancora Nick e non riesce a conciliare il ragazzo dolce e intelligente che era con quello che ha aperto il fuoco quella mattina. Non riesce a conciliare la persona che lei stessa credeva di essere con quella che è adesso o che era prima.
Valerie fa un percorso per guarire fisicamente e mentalmente, affrontando le conseguenze di un gesto che lei non avrebbe mai voluto che si verificasse e compiuto da qualcuno che amava. Un percorso per riuscire ad andare avanti con la sua vita e riprendersi un futuro che crede di non avere più.
Affrontando la perdita degli amici che la abbandonano, quelli che non la vorrebbero più vedere a scuola, quelli che avrebbero voluto che fosse morta anche lei, quelli che in parte le sono grati per aver fermato la sparatoria prima che ci fossero ancora più vittime, la ragazza a cui ha salvato la vita e che sembra cambiata, quelli che la accusano, quelli che la credono una criminale - perché la polizia è stata fin troppo chiara nell'indagarla, ma non lo è stata affatto nell'annunciare che lei non era a conoscenza di ciò che aveva pianificato Nick e che lei non aveva sparato a nessuno.
Pensavo che mi avrebbe fatto male vedere lei alle prese con la scuola, con compagni che la evitano e professori che la guardano con sospetto - mentre il preside annuncia alla stampa che sono tutti una grande famiglia felice quando in realtà ancora l'odio non smette di scorrere. Perché c'è chi è ancora cieco, chi afferma che Chris Summers fosse un eroe per essere morto cercando di far scappare i suoi compagni di classe e ancora rifiuta di vedere e ricordare l'inferno che aveva sempre fatto passare a Nick. E questo perché Nick non era "uno di loro" - esattamente come Valerie continua a sentirsi, ancora più isolata di quanto fosse prima.
Valerie e Nick sono i cattivi da odiare, quelli che ancora nessuno si prende il disturbo di provare a conoscere prima di giudicare, i delinquenti che causano il ritiro di molti studenti dalla scuola pubblica a favore di una privata da parte di genitori che affermano che "si vedeva chiaramente che genere di persona fosse Nick Levil" - e questo senza sapere niente di lui.
E, ribadisco, quello che ha fatto Nick non è assolutamente giustificabile, ma c'è proprio questa ambivalenza - questa empatia che poi sperimeterà anche Valerie - nei personaggi che è impossibile non vedere sia il loro ruolo di carnefici che il loro status di vittime.
Perché Jennifer Brown attraverso Valerie e i suoi ricordi - ricordi che sua madre le vuole strappare e tutti quelli attorno a lei vogliono macchiare - ci fa amare Nick per il ragazzo innamorato che era con Valerie.
Perché Valerie vedrà che anche coloro il cui nome era sulla Hate List sono stati vittime - vittime di quel giorno, ma anche vittime della cattiveria che Valerie voleva vedere.
Pensavo mi avrebbe fatto male per questo, invece mi ha fatto male per altro.
Mi hanno fatto male i genitori di Valerie - e in particolare suo padre. Genitori che non riescono più a guardarla in faccia, genitori che non si fidano, genitori che la tengono a guinzaglio corto, genitori che hanno paura di quello che lei potrebbe fare al mondo e ai suoi compagni tornando a scuola perché di Nick vedono solo il suo ultimo gesto, genitori che anche una volta chiaro il fatto che lei non ha sparato a nessuno la vedono comunque come una criminale - come colei che ha dato inizio alla tragedia scrivendo in quel quaderno, come colei a cui dare la colpa, come colei la causa di tutto.
E Valerie deve scendere a patti con quello che è successo e capire se è davvero colpevole - se non è solamente la vittima dei bulli a cui il mondo ha fatto un torto, ma anche la carnefice che ha causato altra sofferenza. Se il vero Nick era quello che amava o quello che ha ucciso i loro compagni di scuola.
E gli altri dovrebbero scendere a patti con il perché la maggior parte di quelli la cui vita è stata toccata il 2 maggio 2008 non è davvero esente da colpe, pur non meritandosi quanto è successo - ma non tutti sono capaci di farlo.
E ho pensato a me.
Ho pensato a me che in quinta superiore avevo anche io un quaderno rosso in cui fingevo di prendere appunti durante le lezioni, ma che in realtà usavo per riversarci sopra tutto lo schifo della mia vita in quel momento - e perché anche io avevo amiche che passavano al di sotto dei radar, amiche che non rispecchiavano la definizione di "popolarità" ma erano semplicemente invisibili agli occhi dei bulli al contrario di me.
Ho pensato alle persone - ai bulli - che ho sempre scritto di odiare, ma io come Valerie non mi sarei mai sognata di fare quello che ha fatto Nick.
Ho perso le staffe qualche anno fa leggendo su Facebook un post di colui che mi aveva causato un attacco di panico e una telefonata in lacrime a mio padre pregandolo di venirmi a prendere a scuola perché non ce la facevo a salire sull'autobus - un post in cui, quando c'è stato quel periodo in cui al telegiornale si vedevano quei video di ragazzine che pestavano di botte altre ragazzine, lui si chiedeva come fosse possibile una violenza così contro delle povere quindicenni.
E lì non ci avevo più visto. Non avevo forse quindici anni anche io all'epoca, ma questo mi ha forse salvata dalle angherie sue e dei suoi amici? Mi ero così arrabbiata che avevo quasi tirato un pugno al muro, avevo scritto un post su Facebook sulla gente così ipocrita che dovrebbe morire male e sul mio blog personale avevo scritto un post in cui affermavo che se me lo fossi trovato davanti in quel momento gli avrei fatto molto male.
Questo mi rende una criminale? Forse.
Il punto è che il libro di Jennifer Brown ha lo scopo di mostrare come tutti noi siamo più di un semplice aspetto della nostra persona.
Siamo eroi e siamo cattivi, siamo amici e siamo nemici, siamo vittime e siamo mostri.
Siamo umani.
Il punto è imparare ad ascoltare, il punto è - come imparerà a fare Valerie - a vedere in una situazione quello che c'è davvero e non quello che crediamo di vedere.
Hate List è un libro forte, un libro da pugno nello stomaco e da calcio sui denti.
È un libro che fa pensare, arrabbiare e soffrire - è impossibile spiegare a parole la sua bellezza e la sua profondità.
E ve lo consiglio con tutto il cuore.
Autrice: Jennifer Brown
Data di uscita: 4 aprile 2017
Data di uscita originale: 1 settembre 2009
Pagine: 413 (copertina flessibile)
Editore: Little, Brown Books for Young Readers
Link Amazon: https://amzn.to/2GsSzeO
Trama [tradotta da me]: Cinque mesi fa, il ragazzo di Valerie Leftman, Nick, ha aperto il fuoco sparando nella loro mensa scolastica. Colpita da un proiettile nel tentativo di fermarlo, Valerie ha inavvertitamente salvato la vita di una compagna di classe, ma è stata implicata nella sparatoria a causa della lista che ha aiutato a creare. Una lista di persone e cose che lei e Nick odiavano. La lista che lui ha usato per scegliere i suoi obiettivi.
Ora, dopo un'estate di isolamento, Val è costretta ad affrontare la sua colpa tornando a scuola per completare il suo ultimo anno. Tormentata dal ricordo del ragazzo che ancora ama e facendosi strada in mezzo alle relazioni difficili con la sua famiglia, gli ex-amici e la ragazza a cui ha salvato la vita, Val deve fare i conti con la tragedia che ha avuto luogo e con il suo ruolo in essa, in modo da fare ammenda e andare avanti con la sua vita.
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Tanto per citare Jennifer Brown nella sua Author's Note, se lei chiedesse a dieci lettori di che cosa parla questo libro tutti risponderebbero che parla di una sparatoria a scuola.
Ma questa è invece la storia di Valerie Leftman.
Questa è la storia di una ragazza che è sia un'eroina che la cattiva della situazione, la storia di un ragazzo che è sia un mostro che una vittima, la storia di un nemico che è anche un amico.
Ho dovuto citare per forza l'autrice perché non esistono parole migliori per definire questo libro, per descrivere l'ambivalenza dei suoi personaggi e di tutte le zone grigie in cui giusto e sbagliato, vittime e carnefici, egoismo e sofferenza si mescolano provocando nel lettore qualcosa che gli attorciglia lo stomaco in un nodo e lo obbliga a pensare a quello che sta succedendo nel romanzo e a quello che purtroppo succede anche nella realtà.
Ho amato questo libro, ma mi ha fatta davvero stare male.
L'ho letto lentamente perché avevo bisogno di assorbirlo, avevo bisogno di riflettere, avevo bisogno di guarire.
Dal punto di vista strutturale è perfetto.
È diviso in quattro parti: nella prima c'è Valerie che passata l'estate si prepara a tornare a scuola e questi capitoli sono intervallati da quelli che raccontano gli eventi come si sono svolti quel 2 maggio 2008, nella seconda parte c'è Valerie all'indomani della sparatoria, che si risveglia in ospedale con ricordi confusi e viene indagata dalla polizia.
La terza parte è quella che occupa il racconto dell'anno scolastico, la quarta parte è quella dell'epilogo - della conclusione di un capitolo delle loro vite che nessuno dei sopravvissuti o delle famiglie delle vittime potrà mai dimenticare.
E all'incirca per tutta la prima metà del romanzo, ogni capitolo si apre con un articolo del giornale locale all'indomani della sparatoria che raccoglie le testimonianze di chi ha assistito e che racconta chi erano le vittime.
Come parlare di questa storia? Come parlare di Valerie e Nick e tutti gli altri?
Come parlare di tutto quello che contengono queste pagine e di come questo libro dovrebbe assolutamente essere pubblicato e conosciuto ovunque, anche se - fortunatamente - questa non è una nostra realtà?
Come parlare di un atto che non è assolutamente giustificabile, ma che viene in qualche modo comunque reso comprensibile?
Valerie e Nick stavano insieme da tre anni, presi in giro costantemente e con un gruppo di amici che però passava sempre al di sotto del radar di quelli che li tormentavano.
Nick che era dolce, intelligente e amava Shakespeare, ma che veniva preso di mira perché quello nuovo all'epoca dell'inizio delle superiori e perché non ricco come gli altri, magro e forse un po' strano.
Valerie che invece viene tormentata sull'autobus e chiamata "Sister Death" perché si vestiva e si tingeva i capelli di nero e con due genitori incapaci di stare nella stessa stanza senza urlarsi contro oppure ingaggiare una guerra fredda.
Entrambi erano uno il rifiugio dell'altra, erano Romeo e Giulietta - loro contro il mondo.
Valerie che ora invece è conosciuta come "la ragazza che odia tutti", perché anni prima aveva iniziato a scrivere in un quaderno rosso i nomi di coloro che la prendevano in giro e tutto ciò che odiava in quel momento: i bulli che prendevano di mira lei e Nick, i compiti di algebra, il professore che li aveva messi in punizione, i litigi dei suoi genitori, chi li guardava storto, le cose non andavano nell'ambiente e nelle persone che li circondavano, le persone che non volevano essere o diventare.
Quello che era solo un modo per sfogare la frustrazione, per Nick aveva assunto un peso invece diverso e per la polizia costituisce una prova.
Valerie faceva parte della cosa oppure non ne era per niente a conoscenza?
È stata così cieca da non accorgersi di quello che Nick stava organizzando? È mai esistito il ragazzo che amava oppure quel mostro che ha ucciso tutte quelle persone è sempre stato davanti ai suoi occhi?
Questo è un libro che fa male, che coinvolge pienamente il lettore nella paura, nella confusione, nel dolore e nella rabbia che prova Valerie.
Ama ancora Nick e non riesce a conciliare il ragazzo dolce e intelligente che era con quello che ha aperto il fuoco quella mattina. Non riesce a conciliare la persona che lei stessa credeva di essere con quella che è adesso o che era prima.
Valerie fa un percorso per guarire fisicamente e mentalmente, affrontando le conseguenze di un gesto che lei non avrebbe mai voluto che si verificasse e compiuto da qualcuno che amava. Un percorso per riuscire ad andare avanti con la sua vita e riprendersi un futuro che crede di non avere più.
Affrontando la perdita degli amici che la abbandonano, quelli che non la vorrebbero più vedere a scuola, quelli che avrebbero voluto che fosse morta anche lei, quelli che in parte le sono grati per aver fermato la sparatoria prima che ci fossero ancora più vittime, la ragazza a cui ha salvato la vita e che sembra cambiata, quelli che la accusano, quelli che la credono una criminale - perché la polizia è stata fin troppo chiara nell'indagarla, ma non lo è stata affatto nell'annunciare che lei non era a conoscenza di ciò che aveva pianificato Nick e che lei non aveva sparato a nessuno.
Pensavo che mi avrebbe fatto male vedere lei alle prese con la scuola, con compagni che la evitano e professori che la guardano con sospetto - mentre il preside annuncia alla stampa che sono tutti una grande famiglia felice quando in realtà ancora l'odio non smette di scorrere. Perché c'è chi è ancora cieco, chi afferma che Chris Summers fosse un eroe per essere morto cercando di far scappare i suoi compagni di classe e ancora rifiuta di vedere e ricordare l'inferno che aveva sempre fatto passare a Nick. E questo perché Nick non era "uno di loro" - esattamente come Valerie continua a sentirsi, ancora più isolata di quanto fosse prima.
Valerie e Nick sono i cattivi da odiare, quelli che ancora nessuno si prende il disturbo di provare a conoscere prima di giudicare, i delinquenti che causano il ritiro di molti studenti dalla scuola pubblica a favore di una privata da parte di genitori che affermano che "si vedeva chiaramente che genere di persona fosse Nick Levil" - e questo senza sapere niente di lui.
E, ribadisco, quello che ha fatto Nick non è assolutamente giustificabile, ma c'è proprio questa ambivalenza - questa empatia che poi sperimeterà anche Valerie - nei personaggi che è impossibile non vedere sia il loro ruolo di carnefici che il loro status di vittime.
Perché Jennifer Brown attraverso Valerie e i suoi ricordi - ricordi che sua madre le vuole strappare e tutti quelli attorno a lei vogliono macchiare - ci fa amare Nick per il ragazzo innamorato che era con Valerie.
Perché Valerie vedrà che anche coloro il cui nome era sulla Hate List sono stati vittime - vittime di quel giorno, ma anche vittime della cattiveria che Valerie voleva vedere.
Pensavo mi avrebbe fatto male per questo, invece mi ha fatto male per altro.
Mi hanno fatto male i genitori di Valerie - e in particolare suo padre. Genitori che non riescono più a guardarla in faccia, genitori che non si fidano, genitori che la tengono a guinzaglio corto, genitori che hanno paura di quello che lei potrebbe fare al mondo e ai suoi compagni tornando a scuola perché di Nick vedono solo il suo ultimo gesto, genitori che anche una volta chiaro il fatto che lei non ha sparato a nessuno la vedono comunque come una criminale - come colei che ha dato inizio alla tragedia scrivendo in quel quaderno, come colei a cui dare la colpa, come colei la causa di tutto.
E Valerie deve scendere a patti con quello che è successo e capire se è davvero colpevole - se non è solamente la vittima dei bulli a cui il mondo ha fatto un torto, ma anche la carnefice che ha causato altra sofferenza. Se il vero Nick era quello che amava o quello che ha ucciso i loro compagni di scuola.
E gli altri dovrebbero scendere a patti con il perché la maggior parte di quelli la cui vita è stata toccata il 2 maggio 2008 non è davvero esente da colpe, pur non meritandosi quanto è successo - ma non tutti sono capaci di farlo.
E ho pensato a me.
Ho pensato a me che in quinta superiore avevo anche io un quaderno rosso in cui fingevo di prendere appunti durante le lezioni, ma che in realtà usavo per riversarci sopra tutto lo schifo della mia vita in quel momento - e perché anche io avevo amiche che passavano al di sotto dei radar, amiche che non rispecchiavano la definizione di "popolarità" ma erano semplicemente invisibili agli occhi dei bulli al contrario di me.
Ho pensato alle persone - ai bulli - che ho sempre scritto di odiare, ma io come Valerie non mi sarei mai sognata di fare quello che ha fatto Nick.
Ho perso le staffe qualche anno fa leggendo su Facebook un post di colui che mi aveva causato un attacco di panico e una telefonata in lacrime a mio padre pregandolo di venirmi a prendere a scuola perché non ce la facevo a salire sull'autobus - un post in cui, quando c'è stato quel periodo in cui al telegiornale si vedevano quei video di ragazzine che pestavano di botte altre ragazzine, lui si chiedeva come fosse possibile una violenza così contro delle povere quindicenni.
E lì non ci avevo più visto. Non avevo forse quindici anni anche io all'epoca, ma questo mi ha forse salvata dalle angherie sue e dei suoi amici? Mi ero così arrabbiata che avevo quasi tirato un pugno al muro, avevo scritto un post su Facebook sulla gente così ipocrita che dovrebbe morire male e sul mio blog personale avevo scritto un post in cui affermavo che se me lo fossi trovato davanti in quel momento gli avrei fatto molto male.
Questo mi rende una criminale? Forse.
Il punto è che il libro di Jennifer Brown ha lo scopo di mostrare come tutti noi siamo più di un semplice aspetto della nostra persona.
Siamo eroi e siamo cattivi, siamo amici e siamo nemici, siamo vittime e siamo mostri.
Siamo umani.
Il punto è imparare ad ascoltare, il punto è - come imparerà a fare Valerie - a vedere in una situazione quello che c'è davvero e non quello che crediamo di vedere.
Hate List è un libro forte, un libro da pugno nello stomaco e da calcio sui denti.
È un libro che fa pensare, arrabbiare e soffrire - è impossibile spiegare a parole la sua bellezza e la sua profondità.
E ve lo consiglio con tutto il cuore.
PS: e come sempre scusate le cose troppo personali con cui infarcisco sempre le mie recensioni, che alla fine diventano chilometriche.
Le tue recensioni riflessive mi piacciono molto Alice quindi non scusarti. Non è il mio genere ma devo dire che mi hai incuriosita non poco ma tantissimo
RispondiEliminaGrazie mille, Susy - ogni tanto mi lascio prendere la mano. >.<
EliminaNon mi interessava per niente.
RispondiEliminaOra mi interessa tanto. E la WL si allunga inesorabilmente...
Oh, questo commento è bellissimo!
EliminaE non mi sento affatto in colpa. xD
Adoro le tue recensioni proprio perchè ci metti dentro tanto di te, e pure io in quanto a lunghezza non scherzo. E questo libro è quel classico genere che mi piace leggere, che fa male ma non posso fare a meno di conoscere.
RispondiEliminaI tuoi commenti sono sempre una gioia per gli occhi! *-*
EliminaSpero proprio che lo leggerai!
Complimenti per la recensione! E' davvero scritta bene e mi piace quando le recensioni riescono a spiegare cosa aspettarsi dai libri. Di solito i libri che fanno soffrire non fanno per me, ma questo mi incuriosisce parecchio, soprattutto dopo aver letto le tue parole. So che non sarà una delle mie prossime letture, perché in questo periodo ne ho parecchie in arretrato da recuperare ma lo metto subito in wish list!
RispondiEliminaGrazie mille! *-*
EliminaNon pensavo di aver scritto una recensione così "efficace", ma sono felice di sapere che gli darai una possibilità anche se è al di fuori del tuo solito genere. :)