sabato 13 marzo 2021

[Recensione] "Le belve" di Manlio Castagna e Guido Sgardoli

Questo libro ricordo di averlo visto l'anno scorso su vari blog all'epoca della sua uscita. Ovviamente uno penserebbe che dato il gatto in copertina mi ci sarei fiondata subito sopra, ma sappiamo tutti che tendo a leggere più in inglese che in italiano - e forse è anche un mio limite sotto certi aspetti. 

Il punto è che di questo libro non avevo neanche letto la trama fino a quando non mi è capitato sott'occhio sul catalogo di Storytel tra le storie (abbastanza) brevi; incuriosita, ho letto la trama e un dettaglio mi ha convinta a metterlo in lista. 

Il dettaglio? 

La storia di svolge a Tresigallo, provincia di Ferrara - ovvero a circa una trentina di chilometri da dove vivo io.
 
 
Titolo: Le belve
Autori: Manlio Castagna e Guido Sgardoli
Data di uscita: 12 maggio 2020
Durata: 5H 48Min (Storytel Edition)
Editore: Piemme
Link Amazon: https://amzn.to/303ybwc

Trama: Ci sono luoghi che diventano malvagi perché malvagie sono state le persone che ci hanno vissuto...
In una sonnolenta provincia italiana. Tre banditi senza un piano. Ventuno ostaggi senza scampo. Ventiquattro ore di orrore puro. Questa è la storia di Lince, Poiana e Rospo, tre criminali dilettanti che fuggono da una rapina andata male. Di una classe di liceali di Ferrara sequestrati durante una gita in un ex ospedale abbandonato. Dell'ex sanatorio Boeri, che nasconde strati di storie maledette, sepolte nei suoi muri fatiscenti e nelle sue viscere oscure. Di una ragazza con un potere extrasensoriale che le permette di percepire il Male. Di un paese di provincia, Tresigallo, sospeso in una terra nebbiosa e silenziosa, e dei fatti occulti che brulicano sotto la sua superficie all'apparenza pacifica. Di animali e di uomini che certi fantasmi della mente e la ferocia dei loro aguzzini trasformano in belve.

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CONTENT WARNING: horror, sovrannaturale, sangue, altre cose di natura impressionante se siete deboli di stomaco. 


Credo che questa sarà una recensione un po' anticonvenzionale e vi chiedo anche già scusa in anticipo per la sua lunghezza e il (semi) trattato finale. 

 
La storia ha inizio nel 1976, quando assistiamo a qualcosa che non siamo certi sia allucinazione oppure realtà.
Ma la vera storia ha inizio ai giorni nostri, in quel 2020 che - se vogliamo - è stato un po' maledetto sotto tutti i punti di vista. 

Una classe di liceali di Ferrara si sposta dalla città verso la campagna in una nebbiosa mattinata. Meta, l'ex-sanatorio Boeri a Tresigallo. 
Quella che doveva essere una noiosa gita scolastica prende presto una brutta piega, sin dal momento in cui Giulia - la nostra protagonista - scende dal pullman e avverte una brutta sensazione. E non è solo il posto in sé a dare i brividi, ma soprattutto ciò che si nasconde al suo interno annidato nel buio - fisico e non tanto fisico, ma comunque vivo
Presi in ostaggio da tre malviventi reduci da una rapina finita male, le cose si complicano quando sembra non esserci una via d'uscita non solo dal Boeri, ma anche da ciò che Giulia avverte chiaramente hanno disturbato con la loro presenza e che ora si sta risvegliando nell'oscurità: una crudeltà tanto malvagia capace di trasformare le creature in belve. 


Dunque, premesso che io sono del luogo - sono nata a Ferrara, ma vivo al mare in provincia - mi sento di poter entrare più nel personale su certi aspetti rispetto a tutti quelli che l'hanno recensito su Goodreads e sui blog. 

Innanzitutto i miei complimenti a questi due autori: nessuno di loro è originario di qui, ma hanno azzeccato bene Via del Mare - che è quella che collega tutti i paesini da qui a Ferrara se uno non vuole prendere la superstrada - e molti cognomi che si sentono da queste parti, oltre ad alcune parole in dialetto e ad una particolare espressione del nostro parlato che affronterò dopo più sotto. 
Gli perdoniamo la licenza poetica del Liceo Galilei che non esiste - ma apprezziamo il riferimento a Parco Massari - e il fatto che nessuno in quinta superiore da queste parti fa gite "locali": finite le medie si va fuori regione e dal triennio in poi all'estero e per noi che stiamo nella "bassa", il massimo della gita locale consiste nell'andare in città a Palazzo dei Diamanti a vedere una mostra d'arte. 
 
Quindi chi è che andrebbe mai in gita in un ex-sanatorio?
Nessuno, però qui si fa - e si va - perché è in funzione della storia che vogliono narrare.

Ma ehi, questo non ha influito sul mio giudizio - la parte relativa all'audiolibro sì, ma la "località" è stata per me un punto a favore. Non ve l'aspettavate, eh? 

Il problema è stato che, secondo me, c'è un gran crescendo - fomentato soprattutto da Giulia che, con le sue capacità extrasensoriali ci annuncia sempre questa grande oscurità che si muove e si avvicina - che però non si rivela lo tsunami che mi sarei aspettata, ma al massimo un'onda un po' più forte del normale. 

È vero che i ragazzi vedono e affrontano cose terribili e spaventose - e anche un po' schifose - ma gente, vengo da quindici anni di Supernatural dove ne ho viste di ogni e ammetto che forse questa è la prima volta in cui mi avrebbe fatto più effetto leggere il libro invece di ascoltarlo. 
Ho ascoltato libri che non avevano molto di originale e in cui avevo già capito chi c'era dietro - un esempio è Even If We Break - ma che erano narrati in maniera così dinamica e coinvolgente che ci stavo annegando dentro. Qui?
Qui ne accadono di cose spaventose - gente, da un ex-sanatorio non mi aspetterei niente di meno, per non parlare di quello che viene dopo - ma la verità? Ad un certo punto mi stavo quasi annoiando perché sembrava di non andare da nessuna parte. Ve l'ho detto: un gran crescendo che per me, almeno ascoltandolo, sfuma nel nulla per tre quarti del libro. 
Mi ha fatto molto più effetto l'ultima parte, ma resto convinta che mi avrebbe spaventata di più se l'avessi letto invece che ascoltato - e di solito è il contrario, i narratori che sussurrano al mio orecchio riescono a farmi accapponare la pelle come era stato il caso con la bravissima Lauren Ezzo in This Is Not a Ghost Story.

Non mi sono affezionata a nessuno dei personaggi - in parte perché è abbastanza breve e in parte perché la protagonista di base è Giulia. A lei un po' mi sono affezionata e l'ho davvero apprezzata nel finale per la sua scelta, ma il capo dei banditi mi ha irritata oltre ogni misura tanto che speravo sempre si sparasse accidentalmente - il classico cattivo che urla e strepita sempre in preda alla rabbia facendosi venire una crisi isterica. 

Di base è una storia piacevole che intrattiene e comunque coinvolge grazie alla curiosità che suscita di scoprire il passato e le leggende maledette di questi luoghi, forse più adatta ad un pubblico abbastanza giovane - ed è in questi momenti che mi sento pesantemente fuori target - e che sono convinta avrei apprezzato di più se l'avessi letta con i miei occhi, ansiosa di girare la pagina per scoprire cosa sarebbe successo. 

Quindi i miei complimenti a questi due autori che, seppure non del luogo, hanno portato in scena alla perfezione tanti elementi ferraresi - peccato per la storia che non mi ha spaventata quanto avrei voluto (ma gente, ve l'ho detto, dopo quindici anni di Supernatural sono avvezza a certe cose) e per il fatto che si perde un po' nei dettagli che non vengono spiegati, come ad esempio una parte della storia del luogo sul quale è stato costruito sopra il Boeri e come tutti i pezzi poi vadano ad incastrarsi. 

Il problema fondamentale per me è stato l'audiolibro e soprattutto il suo narratore, di cui è - ahimè - arrivato il momento di parlare.

 
Premesso che Filippo Nigro non mi dispiace né come attore e neanche come voce narrante, qui purtroppo è entrato in gioco un po' di campanilismo ad influenzare il mio giudizio - perché forse non sempre saremo fieri di essere italiani, ma di certo siamo orgogliosi dei nostri modi di dire e dialetti di origine. 

Innanzitutto mi sembrava di ascoltare SKAM Italia, specialmente quando Filippo Nigro dava voce ai ragazzi - l'inflessione romana era qualcosa che non riusciva a venire mascherata. Inoltre, l'insegnante dei ragazzi ci viene presentato come siciliano e se inizialmente Filippo Nigro riesce a dargli accento e cadenza, questo dura solo nelle prime due battute e poi torniamo alla sua voce normale. 
In generale, a dispetto di quello che ho letto in una recensione su Goodreads, ho trovato la narrazione monocorde e tutti i personaggi - che fossero maschi o femmine, giovani o più vecchi - con la stessa voce, senza alcuna differenza che non fosse a volte una sfumatura particolare per indicarne l'umore corrente.

Ma la cosa che per me è stata un tasto dolente è stata una in particolare - alcune parole in dialetto suonavano precise, ma noi ferraresi abbiamo una parola che è iconica: maial
Che non va inteso come "maiale" nel senso letterale di animale, eh - quello si dice in un altro modo. Maial è il nostro intercalare, maial è la prima cosa che ti esce di bocca quando ti dicono qualcosa che ti fa restare scioccato o ti lascia incredulo, maial è il commento comune a quasi qualsiasi cosa. E se abbiamo le S e le Z sibilanti, noi abbiamo anche la L che è impossibile non sentire da quanto la calchiamo. Maial è qualcosa che dici con enfasi, qualcosa che è infuso di sentimento

Il modo in cui Filippo Nigro lo pronuncia manca di tutto questo - anzi, la prima volta che glielo si sente pronunciare sembra quasi che stia in realtà chiamando qualcuno per nome. Non so, mi sono immaginata questa persona che si sbraccia per richiamare l'attenzione di un'altra e, invece di chiamare il suo nome, chiama "maial" - l'inflessione di Nigro è quella.
La seconda volta va un po' meglio, ma manca sempre dell'enfasi necessaria - specialmente considerato che viene pronunciato davanti ad uno che è appena andato morto ammazzato. 

Con tutto il rispetto per Filippo Nigro, ma a leggere questo libro ci sarebbe voluto qualcuno di emiliano - un po' come Malvaldi è letto da un toscano. Ci sono cose tipicamente ferraresi in questo libro - pur non essendo stato scritto da autori di queste parti - che solo qualcuno che ha ben familiarità con gli usi e costumi del "maial" (tanto per fare un esempio) può capire tanto da rendergli giustizia. 

Maial non è qualcosa che pronunci sommessamente, non è qualcosa che pronunci come se stessi per chiamare qualcuno - maial è una parola che ha carattere, enfasi, sentimento, che esprime da sola in cinque lettere tutto ciò che stai provando in quel momento: dalla rabbia alla frustrazione, dall'incredulità allo shock, dalla noia all'esasperazione. 
 
Esempi vari di cose che capita di dire nella (quasi) quotidianità - almeno a me? 
 
Maial, ac do bal / ac du panit! - che due palle! (frustrazione, rabbia o noia)
Maial, non puoi capire il nervoso!
Maial, sa son stufa. - quanto sono stanca.
Maial, quant temp ag vol? - quanto tempo ci vuole?
Maial, cosa iet dre far? - ma che diamine stai facendo?
Maial, ag fadiga. - che fatica. 
Maial, ac furtuna / ac sfiga! - che fortuna / che sfortuna!
Persona A: Sai, ho visto C insieme a D...  Persona B: Maial, ma stai scherzando?!
Persona A: Che storia. Persona B: Maial, davvero.
 
Ovviamente non viene detto sempre, ma essendo ingranato nel modo di parlare è più facile dirlo senza neanche rendersene conto.

Siccome ho scritto un mezzo trattato, altri approfondimenti li trovate sulla pagina Wikipedia dedicata al dialetto ferrarese, in un articolo su Cosmopolitan - Cosmopolitan! - dove il primo punto è proprio dedicato alla parola in questione, altri fatti e curiosità ed esempi di dialetto quotidiano sulla pagina Facebook "Al Maial ad Frara" e, se mi perdonate la parodia del Signore degli Anelli e il tipico modo in cui aggiriamo la bestemmia vera e propria, al minuto corrente potete sentire una perfetta pronuncia di "maial" - aww, sentite la pura poesia di quella L finale! 

Insomma, un po' come dice questa immagine, il "maial" per un ferrarese è uno stile di vita e un modo di essere - lo dovete sentire pronunciato da uno del posto per capire.
 
 
 
E voi? Avete qualche modo di dire dei vostri luoghi o dei vostri dialetti di cui andate particolarmente "fieri" e che vi irriterebbe sentire storpiati da qualcuno che non sa pronunciarli correttamente o non li capisce appieno?

2 commenti:

  1. Ciao! L'ho ascoltato anche io in audiolibro lo scorso anno e devo dire che i dialetti nei libri mi danno sempre fastidio, a priori xD ovviamente è un elemento che a te sarà "pesato" di più, essendo della tua zona. Narratore a parte la storia mi era piaciuta molto :)

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    1. Sì, essendo il mio dialetto, sentirlo pronunciato in maniera sbagliata mi ha "pesato" abbastanza.
      La storia non mi è dispiaciuta per niente, ma resto convinta che mi sarei sentita più coinvolta se l'avessi letto invece che ascoltato - continuavo ad aspettare un terrore e un salto sulla poltrona che non sono arrivati se non nel finale.

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