Ci ho messo la bellezza di undici giorni per leggerlo - non ricordo l'ultima volta che ci ho messo tanto per leggere un libro.
Ma è un libro corposo, con un'atmosfera estremamente affascinante e me lo sono voluto gustare - ma mi è servito anche il tempo per incastrare tutti i pezzi e non sono comunque certa di esserci riuscita.
Ma diciamo tutti un bel grazie alla Oscar Vault per la copia digitale e avermi permesso di leggerlo in anteprima - sempre sia lodata la Oscar Vault.
Ma è un libro corposo, con un'atmosfera estremamente affascinante e me lo sono voluto gustare - ma mi è servito anche il tempo per incastrare tutti i pezzi e non sono comunque certa di esserci riuscita.
Ma diciamo tutti un bel grazie alla Oscar Vault per la copia digitale e avermi permesso di leggerlo in anteprima - sempre sia lodata la Oscar Vault.
Titolo: La città di ottone
Titolo originale: The City of Brass
Serie: The Daevabad Trilogy #1
Autrice: S. A. Chakraborty
Data di uscita: 16 giugno 2020
Data di uscita originale: 14 novembre 2017
Pagine: 528 (copertina rigida)
Editore: Mondadori Oscar Vault
Link Amazon: https://amzn.to/2TVVzJc
Trama: EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.
Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.
♫ Nelle notti d'Orienteeeeeeeee... ♫
Se è vero che leggevo più fantasy quando ero piccola e che la maggioranza delle mie letture è sulle problematiche di stampo young adult contemporaneo, è altrettanto vero che comunque nel corso degli anni il fantasy non è mai mancato nelle serie televisive e nei film che ho guardato - da quel lato lì non ho mai smesso.
Non è la prima volta che la mia strada si incrocia con quella di un jinn (o djinn, a seconda di come volete fare lo spelling) - non letteralmente, per fortuna.
Se escludiamo il cartone animato della Disney Aladdin (che è il mio secondo preferito perché per me niente batte Mulan), ho incontrato i jinn svariate volte durante la visione di Supernatural - in questi quindici anni di serie televisiva non sono mai comparsi tante volte quanto demoni, angeli, vampiri o mutaforma, ma la loro apparizione "mostruosa" l'hanno fatta in almeno sei stagioni su quindici.
Più recentemente, quello che era chiaramente un ifrit - ovvero un jinn fatto di puro fuoco - l'ho visto in American Gods.
E gli ifrit sono sono una delle specie di jinn che compare in questo libro - e sospetto che avranno anche più spazio in futuro.
La storia si apre con la nostra protagonista Nahri: nessuna famiglia, non sa nemmeno di chi sia figlia e non sa neanche con precisione quanti anni ha, ma vive al Cairo cercando di sopravvivere come può - ovvero truffando gente ricca, predicendo loro il futuro e sfruttando le debolezze che percepisce in loro grazie ad una sorta di "sensibilità" con la quale è nata. Sogna di diventare medico e guarire le persone, ma sa che ci vogliono soldi per quello - per riuscire a corrompere qualcuno e a convincerlo a far studiare una donna che oltretutto non sa né leggere né scrivere.
E nonostante questa sua "sensibilità" - questi strani poteri nati con lei che le permettono di percepire le malattie - è una ragazza molto pragmatica, per niente incline a credere a tutte le leggende e le superstizioni che mettono in guardia gli egiziani dai jinn e dalla magia in generale che permea certi luoghi e certi rituali.
Ed è durante uno di questi rituali che Nahri si abbandona ad una lingua sconosciuta che solo lei ha mai parlato e da quel momento si renderà conto che tutte le leggende narrate dal popolo egiziano avevano un fondo di verità.
Dara - così si presenta a lei questo guerriero che inizialmente non voleva neanche farle sapere il proprio nome - le parla di un luogo lontano, un luogo che lui un tempo chiamava casa, un luogo in cui abitano tanti come lei.
Un luogo, questa Daevabad, a cui sfuggire da quelli che ora li inseguono - come gli ifrit.
Un luogo, questa Daevabad, in cui si parla la lingua che conosce da sempre senza che nessuno gliel'abbia mai insegnata.
Un luogo, questa Daevabad, intriso di magia.
Un luogo, questa Daevabad, le cui mura possono tenere fuori i pericoli.
Ma anche un luogo in cui li possono tenere intrappolati dentro.
La città di ottone è un libro con una narrazione molto scorrevole, ma è anche un libro dai capitoli molto lunghi - cosa di cui io non sono una grande fan perché puntualmente arriva l'interruzione di turno a scocciarti e a farti perdere il ritmo.
È un libro intriso di magia, i cui paesaggi e profumi e sapori sono così vividi che sembra di esserci dentro - sembra di respirare l'aria del deserto, sembra di sentire il vento caldo sulla pelle, sembra di sentire l'odore dell'acqua del lago che circonda Daevabad o del fiume che Nahri e Dara sono costretti ad attraversare durante il loro viaggio, sembra di sentire il vociare dei jinn nel Gran Bazar.
La città di ottone è però anche un libro che parla di oppressione, razzismo, schiavitù - che al suo interno contiene anche stupri (non grafici, solo menzionati), traffico di esseri umani e intolleranza religiosa. È per me un libro che costringe il lettore a mettere alla prova il suo senso dell'etica e la sua morale. Questo perché all'interno di Daevabad vivono sei tribù - ma la loro storia e la loro mitologia lascerò che siate voi a scoprirla - con idee molto diverse riguardo alla vita, alla morte e alla religione.
Questo perché ci sono tribù molto indulgenti nei confronti dei rapporti tra jinn ed esseri umani, dal cui accoppiamento nascono questo persone che vengono chiamate shafit - persone che hanno sangue jinn e umano e a volte anche poteri magici. E poi c'è una tribù che invece sostiene la purezza del sangue a tutti i costi, che mal vede gli shafit, che una volta avrebbe fatto loro cose orribili - e ne sono state fatte in passato.
È una storia di schiavitù, è una storia di oppressione - un'oppressione che ogni parte di Daevabad vive in modo diverso perché chi si è ribellato a coloro che predicavano la purezza del sangue si sentiva oppresso e limitato nelle sue libertà e chi predicava la purezza del sangue si è visto invadere la città e il territorio da quelle tribù che si sono ribellate, sentendosi ora loro oppressi nella loro stessa casa.
All'arrivo di Nahri e Dara, Deavabad è una città in precario equilibrio.
È un calderone pronto ad esplodere - e loro sono la miccia.
Nahri è una ragazza sveglia, pronta a cogliere le occasioni che le potrebbero fruttare un vantaggio, ma anche incapace di essere come la vorrebbero gli altri che la circondano. Spesso manipola gli altri quando li vede come prede, ma finisce per essere manipolata lei stessa in giochi politici più grandi di lei - vorrebbe solo imparare a guarire le persone e non prova alcun attaccamento o astio verso nessuna delle tribù perché la storia di Daevabad non la sente sua: lei è ancora un'egiziana del Cairo.
Ma allo stesso tempo è venerata da alcuni e temuta e considerata pericolosa da altri e in tanti cercano di strattonarla da una parte o dall'altra - Dara l'ha sempre messa in guardia dai Qathani, coloro che conquistarono Daevabad col sangue e che ancora regnano su di essa e i Qathani cercano di fare il possibile per allontanarla da Dara, raccontandole che razza di mostro assassino sia stato nella loro storia.
Dara è un guerriero con un passato da schiavo - passato che ancora non è ben chiaro. È un passato di cui chiaramente si vergogna e di cui continua a rimandarne la storia con Nahri, un passato segnato da carneficine eseguite per conto della famiglia che doveva servire e proteggere e altre obbligato ad eseguire contro la sua volontà come schiavo agli ordini di padroni capricciosi. E sì, c'è tanto da biasimare nei suoi trascorsi e anche nel suo presente perché so benissimo che la sua convinzione sulla purezza del sangue e il suo astio per gli shafit è sbagliato - così come il suo voler sballottare Nahri di qua e di là a seconda dei suoi "capricci" senza darle ascolto, volendo imporle la sua visione delle cose - eppure mi sono tanto affezionata a lui. Così come mi sono affezionata alla sua devozione a Nahri, sebbene non sempre "giusta".
Alizayd, l'ultimogenito del re, è inizialmente la "preda" di Nahri - preda che lei vuole sfruttare per le sue conoscenze intellettuali e per imparare quanto più possibile. Ali è stato cresciuto come guerriero per poi essere il comandante delle guardie a difesa di suo fratello quando Muntadhir diventerà re e sebbene venga rispettato da tutti come guerriero, altrettanto non si può dire di lui come persona - troppo religioso, rigido e radicato nelle sue convinzioni. Lui rappresenta quello tollerante, quello che ha a cuore la sorte degli shafit e vorrebbe rendere migliore la loro vita, che non sopporta i cosiddetti "adoratori del fuoco" che inneggiano alla purezza del sangue - eppure spesso l'ho trovato spocchioso e spuntasentenze, così inamovibile nelle posizioni che se una cosa non è scritta in un libro allora non è vera o non è mai accaduta. È tollerante per un verso, ma totalmente intollerante dall'altro - usando persino termini dispregiativi e offensivi per altre tribù.
Tutti i personaggi coinvolti li ho trovati moralmente grigi e complessi, capaci di mettere in discussione la mia etica e la mia morale: Ali è quello dalla parte "giusta" eppure spesso l'avrei preso a schiaffi, Dara è quello con delle visioni della vita oppressive e intolleranti alla diversità perché chiaramente ancorato a convinzioni e fatti storici di una volta eppure l'avrei abbracciato perché è innegabile che sia tormentato da quello che ha fatto e da quello che potrebbe capitare a Nahri se la storia dovesse ripetersi e ogni volta che qualcuno esplicitamente lo odiava io soffrivo - ormai la mia propensione per i personaggi unlikeable dovrebbe esservi nota.
Vi dico però che è proprio quella storia che continua a restare un po' confusa - quella di Daevabad e di come è caduta, dell'ordine cronologico esatto degli eventi, il passato di Dara stesso. Altre creature - abitanti dell'aria e dell'acqua - sono solo accennate oppure hanno un ruolo minore, ma come nel caso degli ifrit penso che acquisteranno maggiore spazio nei prossimi volumi.
Ci ho messo tanto a leggerlo perché spesso dovevo tornare indietro per cercare un paragrafo e tentare di incastrare i pezzi insieme - quando lo avrò cartaceo sicuramente mi sarà più facile andare a rileggere parti a cui forse sul momento non avevo dato peso, ma ascoltate il mio consiglio: se lo leggerete cartaceo, assicuratevi di avere tanti foglietti da infilare tra le pagine quando informazioni importanti vengono date; se invece lo leggerete in digitale, prendete appunti. Tanti appunti.
Insomma, come ho detto a Federica in chat (anche se lei lo sta ancora leggendo ma nonostante questo mi ha chiesto un parere conclusivo), il problema è che l'autrice ti butta addosso un sacco di informazioni ma sono troppo sparse qua e là perché il lettore riesca a metterle insieme senza appunti presi durante la lettura. E lo so che è fatto apposta per costruire poi lo scheletro degli intrighi politici, delle alleanze e dei tradimenti - perché ci sono - ma ci sarebbe stata bene un'introduzione in versione jinn del famoso Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana... di Star Wars all'inizio del romanzo.
Certe parti non presentano molta azione - e lo stesso viaggio di Nahri e Dara per arrivare a Daevabad, pur salvaguardando i momenti chiave funzionali alla storia, viene risolto con un "dopo mesi passati insieme in compagnia" e per questo forse i loro sentimenti e la loro devozione l'uno all'altro all'inizio possono sembrare estranei al lettore - ma quelle parti che invece la contengono di sicuro sanno intrattenere a dovere.
E l'epilogo, gente - L'EPILOGO.
Qualcuno - aka santa Oscar Vault - mi dia subito il seguito.
Titolo originale: The City of Brass
Serie: The Daevabad Trilogy #1
Autrice: S. A. Chakraborty
Data di uscita: 16 giugno 2020
Data di uscita originale: 14 novembre 2017
Pagine: 528 (copertina rigida)
Editore: Mondadori Oscar Vault
Link Amazon: https://amzn.to/2TVVzJc
Trama: EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.
Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.
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♫ Nelle notti d'Orienteeeeeeeee... ♫
Se è vero che leggevo più fantasy quando ero piccola e che la maggioranza delle mie letture è sulle problematiche di stampo young adult contemporaneo, è altrettanto vero che comunque nel corso degli anni il fantasy non è mai mancato nelle serie televisive e nei film che ho guardato - da quel lato lì non ho mai smesso.
Non è la prima volta che la mia strada si incrocia con quella di un jinn (o djinn, a seconda di come volete fare lo spelling) - non letteralmente, per fortuna.
Se escludiamo il cartone animato della Disney Aladdin (che è il mio secondo preferito perché per me niente batte Mulan), ho incontrato i jinn svariate volte durante la visione di Supernatural - in questi quindici anni di serie televisiva non sono mai comparsi tante volte quanto demoni, angeli, vampiri o mutaforma, ma la loro apparizione "mostruosa" l'hanno fatta in almeno sei stagioni su quindici.
Più recentemente, quello che era chiaramente un ifrit - ovvero un jinn fatto di puro fuoco - l'ho visto in American Gods.
E gli ifrit sono sono una delle specie di jinn che compare in questo libro - e sospetto che avranno anche più spazio in futuro.
La storia si apre con la nostra protagonista Nahri: nessuna famiglia, non sa nemmeno di chi sia figlia e non sa neanche con precisione quanti anni ha, ma vive al Cairo cercando di sopravvivere come può - ovvero truffando gente ricca, predicendo loro il futuro e sfruttando le debolezze che percepisce in loro grazie ad una sorta di "sensibilità" con la quale è nata. Sogna di diventare medico e guarire le persone, ma sa che ci vogliono soldi per quello - per riuscire a corrompere qualcuno e a convincerlo a far studiare una donna che oltretutto non sa né leggere né scrivere.
E nonostante questa sua "sensibilità" - questi strani poteri nati con lei che le permettono di percepire le malattie - è una ragazza molto pragmatica, per niente incline a credere a tutte le leggende e le superstizioni che mettono in guardia gli egiziani dai jinn e dalla magia in generale che permea certi luoghi e certi rituali.
Ed è durante uno di questi rituali che Nahri si abbandona ad una lingua sconosciuta che solo lei ha mai parlato e da quel momento si renderà conto che tutte le leggende narrate dal popolo egiziano avevano un fondo di verità.
Dara - così si presenta a lei questo guerriero che inizialmente non voleva neanche farle sapere il proprio nome - le parla di un luogo lontano, un luogo che lui un tempo chiamava casa, un luogo in cui abitano tanti come lei.
Un luogo, questa Daevabad, a cui sfuggire da quelli che ora li inseguono - come gli ifrit.
Un luogo, questa Daevabad, in cui si parla la lingua che conosce da sempre senza che nessuno gliel'abbia mai insegnata.
Un luogo, questa Daevabad, intriso di magia.
Un luogo, questa Daevabad, le cui mura possono tenere fuori i pericoli.
Ma anche un luogo in cui li possono tenere intrappolati dentro.
La città di ottone è un libro con una narrazione molto scorrevole, ma è anche un libro dai capitoli molto lunghi - cosa di cui io non sono una grande fan perché puntualmente arriva l'interruzione di turno a scocciarti e a farti perdere il ritmo.
È un libro intriso di magia, i cui paesaggi e profumi e sapori sono così vividi che sembra di esserci dentro - sembra di respirare l'aria del deserto, sembra di sentire il vento caldo sulla pelle, sembra di sentire l'odore dell'acqua del lago che circonda Daevabad o del fiume che Nahri e Dara sono costretti ad attraversare durante il loro viaggio, sembra di sentire il vociare dei jinn nel Gran Bazar.
La città di ottone è però anche un libro che parla di oppressione, razzismo, schiavitù - che al suo interno contiene anche stupri (non grafici, solo menzionati), traffico di esseri umani e intolleranza religiosa. È per me un libro che costringe il lettore a mettere alla prova il suo senso dell'etica e la sua morale. Questo perché all'interno di Daevabad vivono sei tribù - ma la loro storia e la loro mitologia lascerò che siate voi a scoprirla - con idee molto diverse riguardo alla vita, alla morte e alla religione.
Questo perché ci sono tribù molto indulgenti nei confronti dei rapporti tra jinn ed esseri umani, dal cui accoppiamento nascono questo persone che vengono chiamate shafit - persone che hanno sangue jinn e umano e a volte anche poteri magici. E poi c'è una tribù che invece sostiene la purezza del sangue a tutti i costi, che mal vede gli shafit, che una volta avrebbe fatto loro cose orribili - e ne sono state fatte in passato.
È una storia di schiavitù, è una storia di oppressione - un'oppressione che ogni parte di Daevabad vive in modo diverso perché chi si è ribellato a coloro che predicavano la purezza del sangue si sentiva oppresso e limitato nelle sue libertà e chi predicava la purezza del sangue si è visto invadere la città e il territorio da quelle tribù che si sono ribellate, sentendosi ora loro oppressi nella loro stessa casa.
All'arrivo di Nahri e Dara, Deavabad è una città in precario equilibrio.
È un calderone pronto ad esplodere - e loro sono la miccia.
Nahri è una ragazza sveglia, pronta a cogliere le occasioni che le potrebbero fruttare un vantaggio, ma anche incapace di essere come la vorrebbero gli altri che la circondano. Spesso manipola gli altri quando li vede come prede, ma finisce per essere manipolata lei stessa in giochi politici più grandi di lei - vorrebbe solo imparare a guarire le persone e non prova alcun attaccamento o astio verso nessuna delle tribù perché la storia di Daevabad non la sente sua: lei è ancora un'egiziana del Cairo.
Ma allo stesso tempo è venerata da alcuni e temuta e considerata pericolosa da altri e in tanti cercano di strattonarla da una parte o dall'altra - Dara l'ha sempre messa in guardia dai Qathani, coloro che conquistarono Daevabad col sangue e che ancora regnano su di essa e i Qathani cercano di fare il possibile per allontanarla da Dara, raccontandole che razza di mostro assassino sia stato nella loro storia.
Dara è un guerriero con un passato da schiavo - passato che ancora non è ben chiaro. È un passato di cui chiaramente si vergogna e di cui continua a rimandarne la storia con Nahri, un passato segnato da carneficine eseguite per conto della famiglia che doveva servire e proteggere e altre obbligato ad eseguire contro la sua volontà come schiavo agli ordini di padroni capricciosi. E sì, c'è tanto da biasimare nei suoi trascorsi e anche nel suo presente perché so benissimo che la sua convinzione sulla purezza del sangue e il suo astio per gli shafit è sbagliato - così come il suo voler sballottare Nahri di qua e di là a seconda dei suoi "capricci" senza darle ascolto, volendo imporle la sua visione delle cose - eppure mi sono tanto affezionata a lui. Così come mi sono affezionata alla sua devozione a Nahri, sebbene non sempre "giusta".
Alizayd, l'ultimogenito del re, è inizialmente la "preda" di Nahri - preda che lei vuole sfruttare per le sue conoscenze intellettuali e per imparare quanto più possibile. Ali è stato cresciuto come guerriero per poi essere il comandante delle guardie a difesa di suo fratello quando Muntadhir diventerà re e sebbene venga rispettato da tutti come guerriero, altrettanto non si può dire di lui come persona - troppo religioso, rigido e radicato nelle sue convinzioni. Lui rappresenta quello tollerante, quello che ha a cuore la sorte degli shafit e vorrebbe rendere migliore la loro vita, che non sopporta i cosiddetti "adoratori del fuoco" che inneggiano alla purezza del sangue - eppure spesso l'ho trovato spocchioso e spuntasentenze, così inamovibile nelle posizioni che se una cosa non è scritta in un libro allora non è vera o non è mai accaduta. È tollerante per un verso, ma totalmente intollerante dall'altro - usando persino termini dispregiativi e offensivi per altre tribù.
Tutti i personaggi coinvolti li ho trovati moralmente grigi e complessi, capaci di mettere in discussione la mia etica e la mia morale: Ali è quello dalla parte "giusta" eppure spesso l'avrei preso a schiaffi, Dara è quello con delle visioni della vita oppressive e intolleranti alla diversità perché chiaramente ancorato a convinzioni e fatti storici di una volta eppure l'avrei abbracciato perché è innegabile che sia tormentato da quello che ha fatto e da quello che potrebbe capitare a Nahri se la storia dovesse ripetersi e ogni volta che qualcuno esplicitamente lo odiava io soffrivo - ormai la mia propensione per i personaggi unlikeable dovrebbe esservi nota.
Vi dico però che è proprio quella storia che continua a restare un po' confusa - quella di Daevabad e di come è caduta, dell'ordine cronologico esatto degli eventi, il passato di Dara stesso. Altre creature - abitanti dell'aria e dell'acqua - sono solo accennate oppure hanno un ruolo minore, ma come nel caso degli ifrit penso che acquisteranno maggiore spazio nei prossimi volumi.
Ci ho messo tanto a leggerlo perché spesso dovevo tornare indietro per cercare un paragrafo e tentare di incastrare i pezzi insieme - quando lo avrò cartaceo sicuramente mi sarà più facile andare a rileggere parti a cui forse sul momento non avevo dato peso, ma ascoltate il mio consiglio: se lo leggerete cartaceo, assicuratevi di avere tanti foglietti da infilare tra le pagine quando informazioni importanti vengono date; se invece lo leggerete in digitale, prendete appunti. Tanti appunti.
Insomma, come ho detto a Federica in chat (anche se lei lo sta ancora leggendo ma nonostante questo mi ha chiesto un parere conclusivo), il problema è che l'autrice ti butta addosso un sacco di informazioni ma sono troppo sparse qua e là perché il lettore riesca a metterle insieme senza appunti presi durante la lettura. E lo so che è fatto apposta per costruire poi lo scheletro degli intrighi politici, delle alleanze e dei tradimenti - perché ci sono - ma ci sarebbe stata bene un'introduzione in versione jinn del famoso Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana... di Star Wars all'inizio del romanzo.
Certe parti non presentano molta azione - e lo stesso viaggio di Nahri e Dara per arrivare a Daevabad, pur salvaguardando i momenti chiave funzionali alla storia, viene risolto con un "dopo mesi passati insieme in compagnia" e per questo forse i loro sentimenti e la loro devozione l'uno all'altro all'inizio possono sembrare estranei al lettore - ma quelle parti che invece la contengono di sicuro sanno intrattenere a dovere.
E l'epilogo, gente - L'EPILOGO.
Qualcuno - aka santa Oscar Vault - mi dia subito il seguito.
Mi trovi d'accordo su tutto. Poi vabbè, io un po' di parte lo sono perché con quest'ambientazione, linea temporale etc ci vado a nozze xD
RispondiEliminaPer fortuna che l'ho letto in compagnia, così ci riempivamo le incertezze a vicenda xD
Ahahaha, io leggo molti meno fantasy di te ma l'ambientazione è stata proprio quella che mi ha spinto verso questo libro - certo, complici anche Aladdin e la conoscenza pregressa dei jinn in Supernatural, anche se lì in un contesto molto più urbano e soprattutto "mostruoso".
EliminaIo, in attesa di confrontarmi con Federica perché ancora deve finirlo (ma intanto sono stata io a rispondere alle sue incertezze), ho assillato invece mia madre. xD
E vabbé, con calma, smaltita la tbr, questo lo recupero di sicuro :D
RispondiEliminaMi fa piacere sentirlo! xD
EliminaUn libro incantevole, nel vero senso della parola. Ma quando volano sul tappeto?? E' così Aladdin *_*
RispondiEliminaLo sooooooooo! *-*
EliminaBella recensione, sono molto curiosa di leggerlo, la trama mi attira e spero di farlo presto ;)
RispondiEliminaGrazie! :)
EliminaBisogna prestare attenzione ai dettagli, ma è davvero un bel libro!