martedì 12 dicembre 2017

[Recensione] "Il Rosso e il Nero" di Stendhal

Eccoci qui, esattamente una settimana dopo l'inizio di questa lettura, giunti al momento di una recensione che spero sarà comprensibile.


Titolo: Il Rosso e il Nero
Titolo originale: Le Rouge et le Noir
Autore: Stendhal
Data di uscita: 14 maggio 2013
Data di uscita originale: 1830
Pagine: 576 (copertina flessibile)
Editore: Feltrinelli

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Trama: La bruciante e tragica ascesa di Julien Sorel, giovane avventuroso, romantico e calcolatore, nella Francia della Restaurazione. Il protagonista del più celebre romanzo dello scrittore francese sfida se stesso e la società che vorrebbe conquistare: i suoi amori travolgenti e la sua arida sete di dominio, che di volta in volta gli consentono di affermarsi e lo portano alla distruzione, sono i segni distintivi di una letteratura che è riuscita a misurarsi con le più profonde e misteriose contraddizioni del cuore umano.


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Premessa: non so recensire i classici. 
Forse sono troppo moderna, forse non mi so immedesimare abbastanza come suggerisce io debba fare mia madre - non lo so. 
Comunque ci provo. 

Prima di cominciare con la recensione vera e propria, mi sento di dire una cosa: credo ci siano romanzi - classici - che debbano essere letti in determinate circostanze e in determinati periodi. 
Non ho letto poi così tanti classici da poter definire questa mia ultima frase un dogma, ma se c'è un classico che me l'ha fatto pensare è proprio Il Rosso e il Nero.

Il paragone con Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen e Cime Tempestose di Emily Brontë mi è saltato subito alla mente: la Austen critica la società inglese e ho detestato con tutto il mio cuore Catherine e Heathcliff, ma non ho mai faticato tanto come nel leggere l'opera di Stendhal. 

Il punto è che, per quanto forse l'avrei odiato a sedici o diciassette anni, Il Rosso e il Nero è un libro che andrebbe letto a scuola nel momento in cui si studia il periodo storico della Restaurazione. E invece, anche se si ha la fortuna di trovare nella stessa persona l'insegnante di storia e di italiano, le cose non vanno mai di pari passo oppure non sono previste dal programma. 
Il problema è che noi studiamo sì la Rivouzione Francese, Napoleone e la sua caduta (Il cinque maggio di Manzoni tornerà a tormentarmi per il resto della mia vita, ma quella è un'altra storia per un'altra volta), ma da quel momento in poi inevitabilmente passiamo alle ripercussioni in territorio italiano - e non ricordo moltissimo di quando ho studiato la Restaurazione, ma sono piuttosto sicura di averne studiato le conseguenze italiane. 
Stesso discorso vale per la letteratura: essendo italiani, studiamo la letteratura italiana. E non dico che sia un male, lungi da me farlo - e solo il cielo sa quanto io sia ignorante in questa materia per colpa di anni di insegnamenti ridotti all'osso e continui ritardi sul programma nel corso di tutto il liceo - però, parlando per esperienza personale, anche fissarsi due anni sui Promessi Sposi e i restanti tre sulla Divina Commedia mi pare eccessivo, soprattutto se a discapito di classici che hanno una profonda radice storica e politica come Il Rosso e il Nero.

Detto questo, ho lottato tantissimo leggendo Il Rosso e il Nero proprio perché a 28 anni non ricordo quasi nulla della Restaurazione e il clima politico in Francia di quell'epoca risulta parecchio ostico tra giacobini, liberali e ultra - e l'odio così sfrenato per Napoleone dei francesi per motivi monetari e di immagine risulta estraneo. 


Il Rosso e il Nero si apre a Verrières, paese della provincia francese. 
Julien Sorel, di diciannove anni e figlio di un carpentiere, viene assunto come precettore dei figli del sindaco - figura che a Verrières è pari a quella di un monarca. 
Julien è un ragazzo che ha sempre avuto grandi ambizioni militari e come modello Napoleone, ma nato nel periodo sbagliato perché nel 1830 quello di Napoleone è il nome più odiato di Francia. Julien è anche per sua stessa ammissione un ipocrita perché in nome di queste ambizioni che gli bruciano dentro, passa dal rosso della carriera militare al nero della tonaca ecclesiastica - unica via per fare carriera e ottenere vantaggi economici. Ed è proprio grazie alla sua memoria, alla sua ipocrisia e ai suoi studi teologici di una fede in cui non crede minimamente che entra in casa del sindaco e che con orgoglio, presunzione e anche tanta ingenuità comincia la sua scalata sociale. 

Julien è dotato di un orgoglio che gli fa vedere tutti come nemici, dal sindaco ai seminaristi che incontrerà dopo fino ai nobili dei salotti parigini. Cerca di farsi furbo, ma proprio a causa della sua ingenuità cade spesso in contraddizione perché quello che pensa è in realtà molto diverso da quello che dovrebbe fare, rimane spesso accecato dalle apparenze e non importa quanto cerchi di scrollarsi di dosso i panni di "provinciale", con sua grande irritazione tutti lo giudicano sempre per meno di quello che è. 
Nella provincia contano i soldi, ma lui è troppo povero; a Parigi si dà più importanza ai titoli nobiliari che ai soldi, ma nonostante tutto il suo impegno e il riconoscimento altrui dei suoi meriti e del suo "grande cuore" e senso dell'onore rispetto a molta altra gente, lui sarà sempre di una casta troppo bassa. 

Basato su un fatto di cronaca realmente accaduto, indubbiamente Il Rosso e il Nero è un grande romanzo di ambientazione storica e politica. 
L'ipocrisia non è solamente quella di Julien, nessuno ne è esente nel libro: gente corrotta, lo stesso clero che trama con il governo per nomine sempre più altisonanti e sempre più soldi e sempre più ricchezze, alleanze politiche che cambiano a seconda di quello che più conviene e tanto, ma tanto orgoglio. Quella di Stendhal è una forte critica sociale, una forte critica della società francese del diciannovesimo secolo - una Francia che aspirava a tornare alla monarchia di un tempo, che voleva cancellare Napoleone come se non fosse mai esistito e che lo malediva, che temeva le rivolte popolari, che vedeva l'arrivo e l'instaurarsi di una Repubblica come il più grande male possibile perché avrebbe significato la perdita dei titoli nobiliari e di tutti i vantaggi del clero. Una Francia in cui, se hai la sfortuna di nascere povero e senza titoli, tutti cercheranno di impedirti di alzare il tuo status sociale perché la macchina del governo e del clero è troppo forte.
Il Rosso e il Nero è anche un romanzo psicologico, se così vogliamo dire: siamo sempre con Julien nella sua testa e con i suoi pensieri - sempre a conoscenza delle sue ambizioni, dei suoi tormenti, di quel dovere che sente anche quando dovrebbe trattarsi di amore perché per lui ogni cosa è una battaglia, un pegno da conquistare - e vediamo poi quello che alla fine diventa amore straziante per Madame de Rênal e Mathilde. 

Il mio problema - oltre che con il periodo storico e politico che ad un francese o anche solo ad un appassionato di storia sembrerà semplicissimo, ma che per me che l'ho studiato più di dieci anni fa è stato estremamente difficile - è stato con la narrazione. 
Nella postfazione, la scrittura di Stendhal viene definita "rapida e tagliente". 
Ora, forse perché io sono sempre stata quella con il dono della sintesi - e okay, vedo già le vostre espressioni sconcertate, ma come, tu che scrivi recensioni chilometriche? - e non ero solita perdermi in dettagli, ho trovato la narrazione davvero lenta e a tratti prolissa e troppo descrittiva. Proprio perché siamo nella mente di Julien, assistiamo a tutti i suoi monologhi interiori e filosofici - e basta però ad un certo punto! 
Vero è che questi monologhi portano alla fine Julien a spogliarsi delle sue ipocrisie e a chiedersi per cosa valga davvero la pena vivere, a fargli ricordare con tenerezza momenti semplici che all'epoca aveva sminuito e macchiato con la sua ambizione e voglia di essere altrove - ma tutto questo, e la poca azione del romanzo, avvengono solo nell'ultimo centinaio di pagine. 

Il Rosso e il Nero è indubbiamente un grande romanzo storico e politico, non è difficile capire perché sia diventato un classico.
Però di certo quella de Il Rosso e il Nero non è una lettura facile: armatevi di pazienza perché forse avrete voglia di lanciare il libro fuori dalla finestra ogni tanto e magari fatevi anche un ripasso di storia prima. 
 


Note sciocche: 
In un momento di sclero nel quale non ne potevo più di Julien e di tutti i suoi voli pindarici, ho letto a mia madre uno stralcio in cui il nostro Sorel per ripararsi dalla pioggia mentre era fuori - a passeggio o per una commissione del marchese, ora non ricordo - entra in un café e qui si offende a morte perché uno sconosciuto lo guarda. Da qui ad attaccar briga per non lasciare impunito l'insulto al dare dell'individuo spregevole al tizio fino a chiedergli l'indirizzo per un duello all'alba, il passo è breve - quando vi dicevo che l'orgoglio di Julien non gli permetteva di accettare di essere inferiore a nessuno, non lo dicevo mica tanto per dire. 
Comunque, il dialogo poi tra me e mia madre è stato questo - in cui racconto una breve scena, ma a mio parere non è nulla di spoiler. Soprattutto visto che si tratta del riassunto estremamente condensato di dieci pagine sulla bellezza di 544 - se però avete paura e/o non volete sapere, non proseguite.

Madre: E si è offeso perché questo gli ha dato uno sguardo? 
Io: Eh già. E poi non contento chiama questo tizio con cui tira di scherma per fargli da padrino al duello e si presenta all'indirizzo del biglietto da visita che il tizio gli ha gettato in faccia e una volta lì scopre che il padrone di casa non è quello con cui ha litigato. Scopre però che il tizio con il quale ha litigato è il cocchiere del padrone di casa e lo picchia, allora il padrone di casa - che nel frattempo ha sentito la rissa - scende e dice che ora ci sono i presupposti per un duello. E Julien si becca una pallottola in un braccio in tipo tre secondi. Cioè, Julien, ma datti una calmata! 
Madre: Ah, io stavo per dire "Julien, ma datti fuoco!". 

Fine. 

11 commenti:

  1. Aspettavo di leggere la tua recensione da quando hai detto di averlo in lettura. Diciamo che un pò hai confermato le mie ipotesi, decisamente non mi ispira e dopo le tue parole ancora meno. Forse hai ragione, certi libri classici o non vanno letti in un certo periodo ma fatto sta che per ora questo me ne tengo alla larga

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    1. Diciamo che questo è un classico "serio" - con questo non voglio dire che gli altri lo siano meno, ma di sicuro richiede più impegno.

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  2. Aspettavo con ansia questa recensione e niente, confermo quello che ho già detto, credo che questo libro resterà tra i classici che prima o poi devo leggere, ma più poi che prima.
    Sei stata brava a finirlo nonostante tutte le difficoltà incontrate, io ho avuto la stesso problema con Tess dei D'uberville e arrivata ad un certo punto mi sono arresa perché davvero non ne potevo più.

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    1. Ecco, Tess dei d'Urberville è uno che proprio non mi ispira.
      Capisco davvero il non poterne più ad un certo punto - chissà, magari tra qualche anno a te verrà voglia di leggere quest'opera di Stendhal e a me quella di Hardy! xD

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  3. Io prima di tutto devo dirti che ammiro la tua convinzione di finire a tutti i costi di leggere un libro che non ti sta prendendo, perché io sono molto più "crudele" e se qualcosa non mi prende, defenestro subito. Inoltre ammiro anche la tua costanza nel fare la recensione (esaustiva) di tutto quello che leggi (so che odi passare a un libro se non hai recensito quello precedente - io a volte faccio passare anche settimane e svariati altri libri prima di scrivere una recensione su qualcosa che ho letto).
    Infine, devo confessarti che la tua recensione, al contrario delle amiche qui sopra, mi ha fatto decisamente venire voglia di leggere il libro! Penso che mi piacerebbero sia l'ambientazione sia le introspezioni del protagonista... ti farò sapere!

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    1. PS Tra l'altro, questa edizione ha una copertina stupenda!

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    2. Concordo sulla copertina - è davvero bella!
      Ho cercato di essere il più obiettiva possibile proprio perché magari qualcuno si sarebbe sentito ispirato a leggerlo - e sarei davvero curiosa di leggere un'altra recensione in merito da parte di qualcuno che conosco invece di tante recensioni da parte di sconosciuti su Goodreads.
      Se lo leggerai, leggerò sicuramente la tua recensione! :)

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  4. Come te penso che per i classici ci sia un momento ben specifico e sono convinta che se me li avessero fatti studiare a scuola li avrei apprezzati molto di più.

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    1. Esatto.
      Ricordo che l'ultimo quadrimestre di quinta liceo, la nostra ennesima e ultima insegnante di inglese ha tentato di farci recuperare alla svelta molte opere di letturatura e oltre a Cime Tempestose della Brontë - che poi si era risolta a farci vedere direttamente in video - sul nostro libro c'era anche un brano de Il monaco di Matthew Gregory Lewis e ricordo che non solo a me, ma anche al resto della classe, era piaciuto tanto e penso proprio che letto e spiegato in ambito scolastico l'avrei apprezzato molto.

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  5. Ciao, comprendo la tua fatica nel leggere i classici e complimenti per la determinazione! Il libro non l'ho letto però mi incuriosisce e per questo mi è piaciuto molto leggere la tua recensione! Concordo con il tuo pensiero sul rapporto tra i classici e l'ambiente scolastico: penso che con la mediazione di un insegnante queste letture potrebbero apparire meno ostiche e maggiormente apprezzate, soprattutto se compiute parallelamente al programma di storia :-)

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    1. Grazie, Ariel! :)
      Peccato che non succeda mai perché, come ho scritto, nel mio corso di studi non è mai capitato: ho passato due anni a svenarmi sui Promessi Sposi e tre sulla Divina Commedia.
      Non che non riconosca il loro valore, ma sarebbe stato bello leggere più opere di svariati argomenti e periodi nel corso di cinque anni di liceo - l'odio che io e le mie compagne di classe siamo arrivate a provare per Manzoni e Alighieri credo che sia incommensurabile.

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