lunedì 19 agosto 2019

[Recensione] "We Are Lost and Found" di Helene Dunbar

Inizia una nuova settimana - un'altra che si preannuncia afosa, umida e quindi terribile - e io sono di malumore per diversi motivi, ma non vedo perché rendere di cattivo umore anche voi perciò passiamo a ciò che ci sta veramente a cuore: i libri.


Titolo: We Are Lost and Found
Autrice: Helene Dunbar
Data di uscita: 3 settembre 2019
Pagine: 304 (Kindle Edition)
Editore: Sourcebooks Fire
Link Amazon: https://amzn.to/2Mt0tL0

Trama [tradotta da me]: Una toccante, straziante e confortante storia sulla scia di Noi siamo infinito su tre amici che stanno crescendo nei primi anni '80 mentre cercano di trovare la loro strada affrontando la paura dell'ignoto.

Michael è contento di vivere all'ombra dei suoi migliori amici: James, un artista adolescente ed enigmatico che tutti vogliono e che nessuno può avere e Becky, che dice le cose come stanno in maniera diretta mentre allo stesso tempo fa di tutto per proteggere chi ama. Suo fratello, Connor, è già stato buttato fuori di casa per essere gay e tenere un basso profilo sembra essere l'unico modo per evitare il suo stesso destino.

Per passare il tempo in attesa del diploma, Michael frequenta il The Echo dove può ballare e dimenticare le parole cattive di suo padre, la pressione scolastica e la minaccia incombente dell'AIDS, una malattia di cui tutti parolando ma che nessuno comprende.

Poi incontra Gabriel, un ragazzo che sembra davvero vederlo. Un ragazzo che, a differenza di quasi tutti a New York City, è interessato a lui e non a James. E Michael deve decidere cosa è disposto a rischiare per essere se stesso.


--- ---

Questo libro, per la sua tematica, va ad aggiungersi a Skyscraping e a Two Boys Kissing - letti nell'ultimo anno e mezzo. È più simile al primo però, anche se questo si svolge dieci anni prima di quello della Jensen. 


La storia inizia al tramonto del 1982 e ci porta con sé per quasi un anno insieme a Michael, James e Becky. Loro sono tre migliori amici inseparabili, anche se Michael e Becky vanno ancora a scuola e James, di due anni più grande di loro, comincia a farsi un nome nel mondo dell'arte e del teatro. 
New York è casa loro, anche adesso che il clima sembra essersi fatto più difficile con la violenza in strada e con l'AIDS che sembra colpire sempre più persone ma di cui nessuno sa nulla. 

Michael ancora non sa chi è con precisione: ha un rapporto fatto di alti e bassi con suo fratello Connor, fatto di schermaglie e momenti di solidarietà sin da prima che il loro padre buttasse suo fratello maggiore fuori di casa dopo il suo pubblico coming out e il suddetto padre è un omofobo razzista dal carattere irascibile, mentre sua madre finge di non vedere e cerca di ignorare la realtà. 
Ma una cosa Michael la sa: è gay, vorrebbe essere libero ma ha paura di aprire la bocca per ottenere quella libertà di essere finalmente se stesso, vorrebbe dire ai suoi la verità ma ha paura di essere messo alla porta come Connor, vorrebbe innamorarsi ma non vuole neanche ammalarsi facendo sesso. 

I suoi amici - gli unici, a parte suo fratello, che sanno che è gay - hanno anche loro i loro problemi: Becky ha una madre che ha ricominciato a farsi di droga e un ragazzo che sembra più impegnato a pattugliare le strade per la sicurezza dei turisti che accorgersi di dover dedicare del tempo anche a lei, James è invece paralizzato dalla paura dopo che un suo coinquilino (e quasi amante) è morto di AIDS e sceglie quindi la via dell'astinenza. Ma basta tutto questo per essere veramente al sicuro? 

Basta la paura ad impedire di innamorarsi, ad impedire di aver voglia di stare con qualcuno, ad impedire di avere voglia di toccarlo? Perché da quando Michael ha conosciuto Gabriel queste paure combattono anche con il desiderio di vivere la vita senza il peso di queste che ti blocca. 


Siamo nella New York del 1983, nell'anno in cui l'AIDS inizia a prendere la forma dell'epidemia ma prima che raggiunga l'apice. Siamo nell'anno in cui ancora nessuno sa qualcosa della malattia, in cui sui giornali compare un articolo una volta ogni tot mesi e se succede è per condannare ed emarginare chi ne è affetto e per stigmatizzare gli omosessuali. Siamo nell'anno in cui nessuno vuole riconoscere l'AIDS come una malattia o la attribuisce esclusivamente a certe persone, in cui nessuno vuole stanziare fondi per cercare una cura o per garantire almeno sollievo ai malati, in cui tutto quello che si sa sono voci di corridoio e sentito dire, in cui nessuno sa davvero come proteggersi fino a quando Michael non scopre a casa di Connor un opuscolo sul sesso sicuro. 

È un libro con un messaggio importante perché seguiamo Michael mentre cerca di capire chi è, mentre cerca di capire cosa sia l'amore, mentre soppesa la paura e il desiderio e la fiducia che puoi riporre in una persona quando non sai con certezza se sia malata o meno, mentre cerca la libertà di essere se stesso. 

In tutto questo Micheal va a scuola, si vede con James e Becky, cerca di vedere suo fratello almeno una volta a settimana e si preoccupa per lui, spera ancora di vedere la sua famiglia riunita e si perde nella musica dell'Echo ogni venerdì sera - il suo unico momento di libertà senza conseguenze, pressioni e aspettative e poi l'unico momento in cui può vedere e stare con Gabriel. Perché il 1983, perché non può girare alla luce del sole mano nella mano con lui, perché non esistono i cellulari o internet e anche solo un appuntamento al di fuori del club ha qualcosa di straordinario. 


Trovo che l'autrice abbia descritto benissimo il clima di quegli anni - le crisi, la paura, la voglia di amare comunque - e le due postfazioni scritte da tre uomini che quegli anni li hanno vissuti davvero non fanno che rendere il tutto ancora più credibile e autentico. 

Il libro però non è narrato con una classica prosa, una classica narrativa - è raccontato in "vignette", momenti di vita di Michael nell'anno che viviamo con lui e sembrano quasi pagine di diario con una scena slegata dalla precedente.
Ma non è stato neanche tanto questo disturbarmi quando la mancanza di virgolette a segnare i dialoghi perché molto spesso non si capisce chi parla oppure se si sta effettivamente parlando o se si tratta di un pensiero e/o quando riprende il dialogo. Questo mi ha tenuta un po' a distanza da Michael, James e Becky, ma ciò non toglie che il messaggio di questa storia sia forte e che la loro amicizia sia veramente bellissima - per James poi ho provato tanta tenerezza. 

2 commenti:

  1. Mi interessa per il tema, ma mi spaventa lo stile: l'unico che mi ha incantata usando qualcosa di simile (ma probabilmente più estremo) è Saramago. E ho il terrore di provarci con uno che non è un genio XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non è poi così terribile e dopo un po' ci si fa l'abitudine - anche se ammetto che alcune frasi le ho dovute leggere un paio di volte prima di capire chi effettivamente le stesse pronunciando - ma non è proprio il mio stile preferito.

      Elimina