venerdì 29 aprile 2022

[Recensione] "9 Novembre" di Colleen Hoover

Ammetto che la voglia o l'energia per tenere il blog attivo e funzionante scarseggiano sempre di più - e mi dico che lo faccio anche per me, per la mia memoria, ma sempre più spesso finito un libro vorrei passare subito al successivo senza questa fase intermedia. Vediamo se prima o poi mi passa.


Titolo: 9 Novembre
Titolo originale: November 9
Autrice: Colleen Hoover
Data di uscita: 20 ottobre 2016
Data di uscita originale: 10 novembre 2015
Durata:
10H 54Min (Audible Edition)
Editore: Leggereditore
Link Amazon: https://amzn.to/3xZ1z9c

Trama: È il 9 novembre quando, durante un pranzo con il padre, Fallon incontra Ben per la prima volta. È un giorno speciale per lei, non solo perché sta per trasferirsi da Los Angeles a New York, ma anche perché ricorre l’anniversario dell’evento che ha segnato per sempre la sua vita, il terribile incendio che le ha lasciato cicatrici su gran parte del corpo, impedendole di continuare la sua carriera da attrice. Contro ogni previsione, la conoscenza tra i due si trasforma subito in qualcosa di più, ma Fallon sta per partire e sembra esserci tempo solo per il rimpianto. Come per strappare al destino quell’inevitabile separazione, Ben le promette allora che scriverà un romanzo su di loro, proponendole di ritrovarsi il 9 novembre di ogni anno, fino a che non ne compiranno ventitré. È così che ogni 9 novembre i due protagonisti aggiungono un nuovo capitolo alla loro storia, finché qualcosa non arriva a sconvolgere le loro promesse e a mettere alla prova i loro sentimenti, tra i dubbi di Fallon e le mezze verità di Ben. 

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Secondo tentativo con Colleen Hoover e, se già non ero rimasta impressionata da L'incastro (im)perfetto, devo dire che stavolta non è andata meglio - anzi. 

Ho sempre sentito parlare di questo libro (così come quello nominato appena sopra, come uno dei più strazianti dell'autrice) ma devo dire che io sono rimasta alquanto indifferente, sia alla storia che ai personaggi. 

Le premesse perché mi piacesse c'erano tutte: il primo incontro tra Fallon e Ben avviene quando quest'ultimo interviene in una discussione tra la ragazza e il padre e si finge il suo ragazzo. Accade il 9 novembre, una giornata che per Fallon è sempre tragica in quanto segna l'anniversario dell'incendio che le ha stroncato la carriera da attrice - oltre a lasciarle terribili cicatrici da ustione e non prendendosi per poco la sua vita. 
 
Per ricominciare sta per trasferirsi a New York e, in un colpo di testa, decide di passare la giornata con Ben prima di partire - sarà solo un incontro occasionale e forse non si rivedranno mai più, quindi perché no? 
Entrambi scoprono di avere una certa sintonia, Ben sembra guardarla come se non vedesse affatto le sue cicatrici - o forse le vede e proprio per questo la trova bellissima perché è sopravvissuta e pertanto non dovrebbe nascondersi - e a causa di questa sintonia decidono che si rivedranno ogni 9 novembre, ignorandosi per tutto il resto dell'anno e vivendo ognuno la propria vita. D'altronde Fallon ha diciotto anni e non ha nessuna intenzione di avere una relazione, perlomeno non adesso - sua madre le ha sempre detto che una ragazza deve prima scoprirsi e conoscersi e questo non può accadere prima dei 23 anni. Così lei e Ben si incontreranno ogni 9 novembre per cinque anni e se è destino, allora staranno insieme - intanto Ben scriverà il romanzo della loro storia e lo aggiornerà dopo ogni incontro annuale. 

Ma ovviamente i drammi non mancano e la vita si mette in mezzo. 


Dunque, nonostante sia Fallon che Ben siano grandi lettori e detestino l'instalove - proclamando quindi che il loro non lo sia e che vogliono evitarlo come la peste - di fatto è un instalove a tutti gli effetti. 
Perlomeno per come sono fatta io, non esiste che due persone si vedano solo un giorno all'anno senza nemmeno sentirsi per telefono o social media o email per tutti gli altri 364 giorni e si proclamino presi come al primo incontro e innamorati - per come sono fatta io, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. 

Entrambi presentano caratteristiche e aspetti decisamente problematici. 
Ammettendo anche che sia amore, quale persona non lo afferrerebbe al volo e aspetterebbe cinque anni prima di concedersi di amare qualcuno solo perché a tua madre è andata male e questa ti dice che prima dei 23 anni non sei matura abbastanza per avere una relazione? Fallon invece segue tutto alla lettera - salvo poi avere il cuore spezzato in un certo 9 novembre nel corso degli anni in cui la vita per Ben è andata avanti, essendo poi anche stata lei a (re)spingerlo accanto alla sua famiglia nel momento dei bisogno. 
Ben, dal canto suo, ha atteggiamenti e frasi estremamente tossiche: Fallon è riluttante sul piano fisico della relazione perché si vergogna delle sue cicatrici e si sente a disagio e insicura; tuttavia vuole essere lui a decidere come si deve vestire visto che "paga la cena e vuole avere qualcosa di bello da osservare", non vede la riluttanza di Fallon e non accetta un no come risposta, tanto che ad un certo punto se ne esce con un "dimmi ancora di no" - perché, uno non era sufficiente? Il classico caso in cui no vuol dire forse e poi forse vuol dire

Anche Ben ha subito un trauma il 9 novembre quando aveva 16 anni - ma questo non giustifica la cosa. Anzi, ho trovato opinabile pure il modo in cui la Hoover ha gestito il trauma di Ben - e non posso dire in che modo altrimenti farei spoiler a chi non ha ancora letto il libro. Sul serio non c'era un altro modo? Già mi traumatizzi il ragazzo, possibile che fosse necessario farlo in maniera così brutale? 

E poi arriviamo al plot twist che, veramente, anche no. 
E, oltre a tutte le omissioni e bugie che ci stanno intorno, Fallon ci casca pure con tutte le scarpe. Santo cielo - io sarei ricorsa proprio a quattro calci dove non batte il sole e la scelta di Fallon è per me del tutto incomprensibile. 
È vero che di base di salvano a vicenda, che Fallon parte come personaggio fragile salvo poi trovare di nuovo la forza di mostrarsi al mondo e Ben, che sembra sempre sapere tutto e avere fiducia in sé, alla fine sia il personaggio più spezzato della coppia... eppure non mi sono mai sentita coinvolta.

L'ultimo della Hoover che mi ispira è It Ends With Us, ma può aspettare ancora un po'. 
 

mercoledì 27 aprile 2022

Some (New) Books Are (Here) - Speciale Compleanno + Pasqua + Acquisti

Come sempre arrivo in ritardo mostruoso... e stavo pure per rimandare ancora, addirittura al mese prossimo, per mostrarvi il bottino di questo mese.

Some (New) Books Are (Here) è una rubrica inventata da me a cadenza assolutamente casuale nella quale vi mostro le mie nuove entrate in materia librosa, perché sono arrivate in casa mia e via di questo passo.

Cominciamo con il mio compleanno. 


Ma quanto sono belli tutti sulle stesse tonalità tra viola, rosa e giallo?

Ne abbiamo due letti e tre no. 
Tra i letti ci sono Love, Heather di Laurie Petrou (recensione) e The Spanish Love Deception di Elena Armas (recensione); tra quelli ancora da leggere invece abbiamo Black Canary: Breaking Silence di Alexandra Monir, Toxic di Nicci Cloke e (Don'T) Call Me Crazy: 33 Voices Start The Conversation About Mental Health di Kelly Jensen.


Poi è arrivata Pasqua. 


Questi sono ancora tutti da leggere. 

Ci sono A Thousand Nights e Kingdom of Sleep di E.K. Johnston, retelling rispettivamente de Le mille e una notte e La Bella e la BestiaThe Weight of Living di M.A. Hinkle fa parte della serie di Cherrywood Grove - e sapete quanto ho amato Death of a Bachelor e Diamond Heart. You Too?: 25 Voices Share Their #MeToo Stories di Janet Gurtler invece è un saggio antologico. 


Poi passiamo ai miei acquisti.


Complici cali sostanziali di prezzo grazie alle offerte di primavera (Red, White & Royal Blue di Casey McQuiston), sconti su Book Depository (Coyote's Kiss di Christa Faust), un vecchio acquisto finalmente arrivato (TMI di Patty Blount) e l'acquisto impulsivo sull'onda dell'amore appena finita la lettura (Boyfriend Material di Alexis Hall), devo dire che sono molto soddisfatta. 

 
Ci sono stati anche altri due acquisti, fatti però all'usato. 


Direttamente da una biblioteca itinerante australiana (da quel poco che ho capito da vari codici a barre, timbri e cose varie), ho preso Defy the Dark di AA.VV. - una raccolta di racconti un po' horror, tra cui uno di Courtney Summers. 
Mio padre poi voleva l'ultimo di Wilbur Smith e, per raggiungere la spedizione gratuita, su Libraccio ho preso Può succedere anche a noi? di Becky Albertalli & Adam Silvera, la versione italiana di What if It's Us (recensione) - Ben e Arthur sempre nel cuore, in qualsiasi lingua o versione. 

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Spero mi perdonerete il ritardo e fatemi sapere se qualcosa vi ispira!

lunedì 25 aprile 2022

[English Excerpt] "Love, Hate & Clickbait" by Liz Bowery

Mi piange il cuore nel non essere riuscita a leggere questo libro in tempo per la sua uscita e per il blogtour, ma il tempo è sempre poco e devo sempre dare precedenza ad altre cose. Resta però il fatto che continua ad ispirarmi come pochi e una volta che non avrò più scadenze con il fiato sul collo, proverò a dedicarmici il prima possibile.



 
First of all, thanks to Justine from HarperCollins for gettind me involved - I'm thankful for being a part of this blogtour. 
Today I'm gonna share with you an excerpt and I swear I'll read the book as soon as I stop working so much. 
So, without further ado, let's begin! 

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Excerpted from LOVE, HATE & CLICKBAIT by Liz Bowery, © 2022 by Liz Bowery. Used with permission from MIRA/HarperCollins.
 
 
When he cared enough to try, Thom Morgan was great with people. For one thing, he was very handsome, which led most people to believe that he was charming. He also had bulletproof bullshitting skills, thanks to a lifetime in politics. And it was especially easy to win people over when they were caught up in emotional crap—like at a wedding.

So it wasn’t a surprise that he was a hit at his girlfriend’s sister’s wedding. Her family was eager to meet the boyfriend that Ashley had told them all about, and not just because of his looks or his charm. Everyone loved politics these days, and every Californian had an opinion of his boss, their governor, Leonora Westwood. Luckily, whenever someone tried to ask him something boring about the true business of governing—What’s she doing about forest management? Don’t you think taxes are too high? There’s a pothole outside my house—he could remind them what he really did for a living.

“Actually, I’m the governor’s top political consultant,” he said, injecting just the right amount of apology into his tone to make the boast go down seamlessly. “So I have less to do with the day-to-day and more—”

“Ahh, I got it, your eye’s on the White House,” said—Thad? Chad? Something bro-y, Thom hadn’t been listening. They were with the rest of the wedding party in a wallpapered bedroom, waiting for the ceremony to begin.

“Oh, no, of course not,” Thom said. “Right now we’re just focused on keeping forty million Californians happy.”

“Right now,” Chad said predictably. “But when the primaries roll around?”

Thom feigned a gaping mouth, as if he didn’t pretend to be caught off guard by this question dozens of times a day. “I mean, by then, who can really say…”

“Sure,” Brad said, looking fucking ecstatic to be in on the world’s biggest open secret: that Leonora Westwood would be running for president next year, which was exactly why she’d hired Thom.

Thom winked at him and took a swig of his beer. Then he glanced at Ashley across the room and sent her a silent plea for help with his eyes. She muffled a laugh behind her hand before quickly crossing the room to them, saying to Thad, “Excuse me—I have to steal him away for a second.”

Out in the elegant hallway of Ashley’s parents’ home, Thom slumped against the wall in relief. “Thank god,” he said, phone already in hand. “Any more small talk with the yokels and I would’ve melted down.”

“Uh, hey,” Ashley said, batting his hand away before he could look at his phone. “Don’t I deserve more thanks than that?”

“You’re right,” he said, grinning and reeling her in with his arms around her waist. “Thank you, thank you…”

He trailed off as he kissed her. After a moment, she made an unhappy noise against his lips. “What?” he asked, pulling back. “Don’t like my technique?”

“I can feel your phone in the small of my back,” she said.

He grinned wider. “Is it a turn-on?”

“Definitely not.” She pulled away. With a sigh and a glance down the hall, she said, “I should go make sure my sister’s ready. It’s almost time.”

“Fine,” he said. “Leave me here alone.”

“Don’t stay on that thing the whole time,” Ashley said as she backed down the hall. “Go mingle! Network. Do your thing.”

“Trust me,” he told her, “the only person here I care about is you.”

A small, happy smile flashed across her face. Then she ducked away, down the hall.

That left Thom alone with his phone, so that he could finally—finally—check on news from the office. Governor Westwood—or Lennie, as her staff called her—had just wrapped up an incredibly successful trip to Singapore, and he was eager to see how it was playing in the news. International trips weren’t exactly standard fare for governors, but given the size of California’s economy, it made sense for
Governor Westwood to travel overseas to develop the state’s trade relationships. Of course, the real reason for the visit would come across plain as day but go tastefully unspoken: an international trip made Lennie look like a head of state.

Like, say, a future president.

Thom grinned as he scrolled through all the good headlines the trip was generating so far. Lennie’s plane should have just touched down in Van Nuys, so she’d be back in the office soon. Itching with impatience, he slid his phone back into his pocket and strolled over to a window at the end of the hallway. He was in
no mood to rejoin the other groomsmen, so he took his time scanning the crowd that was milling around in the garden among the spindly white chairs that had been set up for the ceremony. Ashley’s family was vast, well-off, and very well-connected, and he’d met many of them at other pre-wedding events. Unfortunately, it seemed that some of her most notable relatives had decided not to attend. Shame.

His phone pinged in his pocket. When he checked it, he jolted in excitement: it was an email from a Politico reporter he’d been chasing for months. Finally, the guy had gotten back to him—he wanted to stop by the office to chat about a possible article on the Singapore trip, and he wanted to do it now.

National coverage. Thom’s mouth watered, and he made a quick but easy decision.

Sliding his phone into his suit pocket, he strolled back down the hallway to the room Ashley had disappeared into. He knocked gently, and when he poked his head in, he was greeted by a cloud of perfume and tulle. “Hi, ladies,” he said with a grin. “Ashley, can I grab you for a sec?”

She rolled her eyes, clearly thinking he wanted to get her into a dark corner to make out some more. “Give me a second, girls,” she said, and followed him out into the hall.

Outside, she ran her hands up the sides of his suit jacket, looking put-upon but also warmed by the attention. “What now?” she asked. “More small talk you want to avoid?”

“Mmm,” he said, and kissed her before pulling back. “No, sadly. Um, I hate to do this—”

She frowned. “What is it?”

“Nine-one-one at the office,” he said, grimacing as if this was paining him. “I have to go.”

“Go? What do you mean, go?” She blinked, confused. “Thom, you’re in the wedding.”

“I know.”

“You—you asked me to be in the wedding,” she said in dawning outrage. “You bothered me about it constantly until I forced my sister to make you a groomsman.”

He winced, saying, “I know, but—”

“No, are you kidding me?” she demanded. “You’re really going to leave?”

“They need me over there!” To fluff a reporter. “It’s an emergency.”

“No,” Ashley said firmly, shaking her head. “You work all the time. I’m sure they can spare you long enough not to ruin my sister’s wedding.”

“I’m so sorry, babe,” he said, pouting. “I’ll make it up to you.”

“No!” Ashley shouted quietly, seemingly struggling between her anger and her desire not to cause a scene. “I’m serious, Thom. No.”

He said nothing. As she realized that he was really about to leave, she stared daggers at him and whispered, “If you leave this wedding, we’re over.”

Thom pressed his lips together, making a point of looking pained and indecisive. When he felt like it had been long enough, he sighed and said, “Okay.”

Ashley was stunned. “You’re…you’re breaking up with me?”

“I don’t want to,” he said. He kind of did want to. The relationship had really reached the limits of its utility for him. “But babe, I told you—”

“You have to go to work,” Ashley said bitterly. “You always cared about your job more than me.”

True, but he’d been willing to put in his time anyway—after all, her uncle was a Supreme Court justice, which made her family nothing short of DC royalty. But being a groomsman had paid off a lot less than he’d hoped in that regard, and her uncle hadn’t even bothered to fly out for the wedding, which
probably meant he was going to die soon anyway. So much for that connection.

Thom took Ashley’s hand in his. “I’m sorry,” he said, his voice low and passionate.

Ashley glared at him, tears hovering in her eyes. Thom was used to that look—he saw it a lot when his relationships ended, if he even bothered doing it face-to-face. He just couldn’t understand why the women he dated got so invested in him. Most of them were in politics too, or in similar fields, where winning and advancing were all that mattered. Why did they let emotions get in the way of that?

Ashley yanked her hand out of his and walked away. Thom blew out a relieved breath and jogged outside to meet his Uber.

Once he was on the way, he scanned the headlines on his phone again. Right now they were in the midst of one of the most delicate stages of campaigning: the pre-primary. The first presidential primary contests were so far-off that it was too early, and would be viewed as unseemly, to be openly campaigning. Instead, Lennie had to achieve a favorable position for the upcoming primary without seeming like she was doing anything at all. It was like trying to win a race she couldn’t afford to be seen running in.

And she had her work cut out for her, because the current front-runner in both the pre- and actual primary was not Lennie but Senator Samuel Warhey. A veteran and former elementary school teacher, he’d become famous for having saved dozens of students during a dangerous flood in the eighties. That star-making moment had propelled him to the governor’s mansion and then the Senate, and he maintained the glow of nonpolitical celebrity. He was on the older side, but young enough for it to come across as gravitas. He was moderate in his voting record but passionate on the stump. He was experienced, he was popular, he was good on TV, and his staff had not returned any of Thom’s calls.

So, he’d ended up taking a job with Lennie. And that was to his liking, anyway: he could stay in the city that he loved. Technically, the office of the Governor of California was in Sacramento, but Lennie was smart enough to know that she wouldn’t recruit any top-flight talent if she forced them to relocate to that shithole. Interns and volunteers were thick on the ground in Los Angeles, and so were many of the top political reporters on the West Coast, who were much easier to entice to cover Lennie’s campaign when it was in their backyard.

Thom had grown up in the sleepy inland California suburbs, but he’d moved to LA as soon as he’d had a chance. As his ride traveled from the secluded, leafy neighborhood where the wedding had been to the dense heart of the city where Lennie’s office was located, glittering high-rises surrounded them. A shadow fell on Thom’s face as the sun was blotted out, and he smiled to himself.

Senator Warhey was from Indiana. DC, Thom would relocate for, but the Midwest? No fucking thank you.

Anyway, taking Lennie from the middle of the pack to the White House would be his crowning achievement. Thom had managed some mayoral and state senate campaigns in his day, ghostwritten a few speeches, done a few good media hits, but it hadn’t been enough to build him a national profile, not just yet. He’d have been one more aspiring staffer to Warhey. To Lennie, he was a lifeline.
 
The plan was this: in three months, right after New Year’s, Lennie would officially announce the launch of her campaign. She’d follow the announcement with a nationwide tour of stump speeches and town halls, highlighting her bio and her accomplishments. From there it’d be Iowa, debates, the general election, and Thom getting a sun-soaked apartment in Foggy Bottom with a nice short commute to the West Wing.

He could see it already. Propelling Lennie to the White House was a crucial part of his life plan. Since joining the campaign he’d already gained some much-deserved notoriety—he’d finally gotten that blue checkmark on Twitter, and he was racking up followers. With the Singapore trip having gone so well, it felt like all the pieces were finally falling into place.

At the office, three separate staffers congratulated him on how the trip was playing. Every TV in the bullpen was set to news coverage of the trip so that he could drink in the spoils of his plan.

And leaning against his desk, the cherry on top of his perfect day, was Felicia Morales. Felicia was Lennie’s chief of staff, and had been with her roughly since birth. As usual, she held a cooling coffee in one hand and her phone in the other. Her black hair was coiled in a neat bun at the nape of her neck, and her golden skin somehow always glowed even though she saw as little sun as Thom. Her lips and eyebrows were set in a perpetual, subtle smirk that said Don’t fuck with me.

He had definitely thought about fucking her anyway. But he and Felicia had built a good working relationship over the last year. As one of Lennie’s newer hires, it had taken time and patience for him to win her trust. Sure, she was gorgeous, and there was occasionally a tension between them that hinted there could be more, but Thom was fine with things as is. He didn’t want to rock the boat.

“Seems like it’s going well,” Felicia said mildly, not looking up from her phone.

Thom grinned and shucked his jacket, draping it carefully over his chair. “Where’s the governor?”

“Her plane was scheduled to land a few minutes ago, so she should be en route.”

Thom sat down. “You’re not going to congratulate me?”

That finally got her to glance at him. “I said it was going well, didn’t I?”

He leaned back and closed his eyes, basking in the glow of his success. “Hey, great job,” another staffer said as he walked past Thom’s office.

Before he could respond, another voice called out, loud and brusque, “Fuck yeah!”

Thom rolled his eyes as Clay Parker strolled into view, pointing at the guy he’d thought was talking to him. He stopped when he reached Thom’s office doorway and added, loudly to make sure he’d be overheard, “Man, it’s good to finally be getting some recognition around here.”

Clay was one of the governor’s most recent hires, brought on to helm their data analytics department, whatever that was. As a person, Clay was both thoroughly unimpressive and massively impressed with himself.

“Uh, Clay?” Felicia said. “He was congratulating Thom.”

Clay scowled. “For what?”

Thom stood up and walked over to him. “The real question is, what would he have been congratulating you for?”

Clay crossed his arms as Thom came closer. He was a tall guy, but his frame wasn’t intimidating so much as gawky. It didn’t help that he wore ugly bargain-basement suits that he clearly didn’t get tailored, based on the way they gaped and bunched in strange places. His sandy-brown hair was tufty and bowl shaped, like his mother cut it for him, and he had broad, blunt features that could have made him look brooding or mysterious, except that every single emotion Clay felt appeared immediately on his face.

And every single one of Clay’s emotions was terrible.

Clay answered smugly, “Uh, for being the guy who’s single-handedly keeping this campaign afloat?”

“Oh, god,” Thom muttered.

“What do you even do around here?” Clay asked. “Oh, you sent her to another country? How is that helpful, Thom, she’s running for president of America.”

“Well, we can’t all sit in our offices and tweet all day,” Thom said.

“Hey, I’m generating the most valuable currency this campaign will ever have—page views and clicks, baby.” Thom shuddered as Clay rubbed his fingers together. “I’m building buzz.”

“Ew,” Felicia said.

“Clay, what can I do to get you to leave my office?” Thom asked. “Wait, I have an idea.” He reached for his door to slam it in Clay’s face.

Clearly predicting this, Clay jerked to the side and quickly said, “You’re just jealous about the article.”

Thom narrowed his eyes. “What article?”

Clay grinned in a way he probably thought was intriguing. “You didn’t hear?” he asked, and brazenly sauntered past Thom into his office. Thom stiffened, but Felicia held up a hand as if to say Let’s see where this goes.

Clay stopped by the TV in Thom’s office, which had been silently playing cable news. He tapped around on his phone until the screen flickered off, then lit up again with what must have been on his phone. “Read it and weep,” he said.

Thom sighed and looked at the screen, which was showing a profile of Clay on some website he’d never heard of.

“Ousted Pinpoint Founder Clay Parker…” He read the start of the headline and didn’t bother to read the rest.

Clay’s past career, if you could call it that, had been in Silicon Valley, where he’d cofounded a database management program with his college roommate. The software had taken the tech world by storm, but right before they’d all gotten rich, Clay had been unceremoniously dumped from the company. The rumor was that his roommate had invented the whole thing and Clay had just hitched on for the ride. There was no way to tell for sure, but just weeks after the company sold, Clay’s roommate had been snapped up as the head of data analytics for Senator Warhey, and they’d gotten a nice round of press coverage about their cutting-edge campaign. Lennie had hired Clay the next week.

Clay was standing by the big-screen version of the article with his arms crossed, smug satisfaction radiating from every pore. “Great,” Thom said. “You got another gullible journalist to write about your sob story.”

“My quest for justice,” Clay corrected him. “My noble quest.”

“And why the hell did you do this now, anyway?” Thom asked, irritated. “This whole week is supposed to be about my Singapore trip.”

“The governor’s Singapore trip,” Felicia interjected.

“Hers, ours, the trip,” Thom said, waving his hand back at her and then at the screen. “This was not on the message calendar this week.”

Clay’s cocky smile just widened. “Wow. You are jealous.”

Thom ground his teeth. Felicia, meanwhile, seemed more concerned about the substance of the article, squinting as she quickly skimmed it from the screen. “Clay, this is all about you and Pinpoint,” she said.

“You don’t even mention the governor. How is this supposed to help the campaign?”

“I work for the campaign,” Clay said, as if this was obvious. “So an article about me brings publicity to the campaign.”

“Not really.”

“Uh, guys, I’m a celebrity,” Clay said, emphasizing the word so hard it made Thom’s jaw crack. “That’s why you hired me.”

The only way in which Clay was a celebrity was that he’d become a meme based on some footage of him having a meltdown outside the courthouse where he’d been locked in a legal battle with his former roommate. Clay had gone in close to one of the news cameras and yelled, “Lawsuit, bitch!” These days people mostly used it as a reaction GIF.

“You’re not a celebrity, Clay,” Thom said. “You’re like a D-list Winklevoss twin.”

He smirked. “At least people know who I am.”
 
“Then I feel sorry for them.”

“Oh, come on,” Clay said good-naturedly, turning back to the screen and scrolling on his phone so that the article jerked downward with a pixelated blur. “You don’t—”

“Clay,” Felicia interrupted him, staring down at her phone with a taut expression. “Is your stupid screen mirroring thing interfering with our Wi-Fi?”

“What?” Thom bleated, feeling an instinctual jab of panic as he looked at his own phone. Shocked, he realized that he hadn’t gotten any new emails in the last two minutes. Horror flooded him.

“It may have jammed the signal a little,” Clay said defensively. “But only because the office’s Wi-Fi already sucks, which by the way I’ve been trying to get you to—”

“Fix it,” Thom hissed, grabbing Clay’s tragically off-the-rack jacket in his fist. “Now. I cannot be off-line.”

“Wait,” Felicia said. “It seems like it’s coming—oh. Shit.”

Thom went cold. “What? What is it?”

Felicia’s phone was buzzing intensely, dozens of backdated messages flowing in as the network came back online. Thom’s phone did the same a second later.

“Uh, guys?” A staffer poked his head into Thom’s office, an ominous look on his face. “I think you might want to see this.”

Dread climbing up his throat, Thom followed Fe out into the bullpen, where another staffer was turning up the volume on one of the TVs. On the news, a clip was playing of the governor at the airport just a little while ago. It was a shaky handheld video of Lennie walking across the airport tarmac to her car, smiling and laughing as she bantered with reporters. She looked a bit disheveled from her long plane ride, and a lock of hair was sticking up oddly on one side of her head, like she’d slept on it funny. As she drew even with her car and someone opened the door for her, one of the reporters shouted, “Governor, what’s with the hair?”

Lennie frowned and put a hand on her head. Then she rolled her eyes and said, at a volume the mics picked up distressingly well, “Well, that’s what happens when you have no gays on your staff.”
 
The clip froze, and silence fell across the office.

“Fuck,” Thom said.

“Double fuck,” Felicia said.

This was going to fuck them in the campaign. It would kill all the good press Thom had gotten from her international trip. In the invisible race, this was like falling into a sinkhole.

The comment made Lennie look homophobic. It made her look retrograde. It made her look like a senile relative everyone dreaded seeing at Thanksgiving. Their base voters were liberal—hate-has-no-home-here, we’re-glad-you’re-our neighbor, the-A-is-for-Ally liberal. Bigotry was basically the worst thing they could be accused of.

On the TV, the clip had ended and the cable news anchor was shaking his head, looking incredibly disappointed as he cut to a six-person panel. Felicia had a look of fixed dread on her face that Thom was sure matched his own. In his palm, his phone buzzed again, and he glanced down to see a text from that Politico reporter he’d promised to meet up with: Almost there. Spoiler alert: I’m writing about the gaffe now, not the Singapore trip.

Fuck.” His week of perfect news coverage was crashing and burning before his eyes. “Why?” he heard himself whine to Felicia. “Why the fuck would she say that?”

“Because I know I can always count on assholes like you to clean it up for me,” a silky-smooth voice said from the doorway.

Lennie Westwood was exactly what you’d want in a political candidate: beautiful, charming, and ruthless. Most voters thought of her as a down-to-earth farmer because she mentioned her family’s beloved almond farm every chance she got, despite the fact that most of her millions came from massive agribusiness and GMOs. She picked her policy positions with the help of Thom and Felicia’s polling data, and she was smart enough to seem warm instead of smart on TV. She had honey-brown hair and big hazel eyes that usually seemed wide and understanding.

Right now they were staring daggers at Thom. “Uh. Madam Governor,” Thom said feebly. “I—I didn’t—”

“Oh, I know you didn’t, Thom,” she said warningly. “I know you wouldn’t be so fucking disrespectful after I just worked the whole way back on a sixteen-hour flight that you sent me on.”

“Ma’am,” Thom said, swallowing, “I really—”

“Maybe we should do this in private,” Felicia broke in, glancing around the office.

“Great idea,” Lennie said, with a poisonous smile. “Thom, grab us some coffee, would you? Maybe that’s a job more suited for your talents.”

Meekly, he responded, “Happy to, ma’am.” As Felicia followed the governor into her office, he grabbed her arm and said under his breath, “The blinds.”

Felicia glanced at the blinds on the interior windows of the governor’s office and nodded. Reporters were always drifting in and out of the office looking for quotes or consulting with someone on a story, and Thom didn’t want any of them to see the campaign in crisis mode. After the door shut behind her, Felicia drew them closed.

Thom turned around to find the entire bullpen staring at him. In the background, the cable news coverage was still dissecting the gaffe, and Thom heard one commentator say, “Is this the end of the Westwood campaign?” His heart was racing, and everyone in the office seemed as on edge as he was. Everyone except one.

Clay strolled past Thom, whistling under his breath. Thom straightened the cuff on his jacket and followed him down the hallway.

When they were sufficiently out of view of the bullpen, Thom grabbed Clay by the arm and threw him against the frosted-glass wall, balling his fists in Clay’s jacket and leaning in close to hiss, “You. How do you always manage to fuck up everything?”

“What?” Clay protested, though he didn’t actually push back against Thom’s arms pressing him into the wall.

“It’s always you making this office look ridiculous,” Thom spat. “If you ever fucking cut me off from the internet again, I will personally cut your balls off of your body, okay?”

“Let me go,” Clay said, squirming against him. He was a good deal taller than Thom and should have been able to fight back, but instead he was like a child, huffing and clawing at his wrists ineffectually.

“God, you’re pathetic,” Thom commented.

“Shut up,” Clay said. “You’re just pissed because you’re threatened by me.”

Thom barked out a laugh. “Threatened by you?” He tightened his fist in Clay’s shirt, pinning him in place. Clay’s whole face was flushed, his mousy hair frizzed and sticking up in all directions. Thom lowered his voice and leaned in. “Do you not understand what a joke you are?”

Clay flinched.

“My god,” Thom breathed. “You’re so useless you don’t even know how useless you are. I bet you think you’re like me, some power player with real influence around here. But you’re not. You’re nothing.”

As Thom spoke, Clay’s face went from furrowed in anger to slack with shock and humiliation. As always, Thom could read every thought that flitted across his face. It actually made his blood run cold, imagining what it would be like to be that transparent, that vulnerable—to have no poker face whatsoever.

Clay’s breath was coming fast, his wide shoulders taut where Thom was pinning him. But his pale green eyes were fixed on Thom, blinking sluggishly. As the seconds ticked by, it became clear that he was searching for a comeback, but couldn’t quite think of one.

Thom wondered what that was like. To not always have something venomous on the tip of your tongue.

The silence had gone on too long, and Thom felt more exhausted than victorious. His heart was still pounding, though it was starting to slow. He let go of Clay’s collar, shoving him away.

“Fuck you, Thom,” Clay said hollowly, and lumbered off.

From around the corner, Thom heard Felicia call his name sharply. “You coming?”

He sighed, and followed her into the lion’s den.

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About the book:

Love, Hate & Clickbait
by Liz Bowery
On Sale: April 26, 2022
ISBN: 9780778311898
MIRA
LGBTQ Romance
$15.99 / $20.99 CAN
336 Pages

Shake some hands. Kiss some coworkers.
 
Cutthroat political consultant Thom Morgan is thriving, working on the governor of
California's presidential campaign. If only he didn't have to deal with Clay Parker, the infuriatingly smug data analyst who gets under Thom's skin like it's his job. In the midst of one of their heated and very public arguments, a journalist snaps a photo, but the image makes it look like they're kissing. As if that weren't already worst-nightmare territory, the photo goes viral--and in a bid to secure the liberal vote, the governor asks them to lean into it. Hard.

Thom knows all about damage control--he practically invented it. Ever the professional, he'll grin and bear this challenge as he does all others. But as the loyal staffers push the boundaries of "giving the people what they want," the animosity between them blooms into something deeper and far more dangerous: desire. Soon their fake relationship is hurtling toward something very real, which could derail the campaign and cost them both their jobs...and their hearts..

 
Buy Links:


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About the author:
 
Liz Bowery writes love stories about terrible people. Her interests include politics, cheese, TV shows you can't stop watching even when it's 3 AM, and laying Among Us with friends. Like most romance writers, she is a lawyer, and lives in Alexandria, Virginia with her family. Love, Hate & Clickbait is her debut novel.
 

mercoledì 20 aprile 2022

[Recensione] "La verità è che non ti odio abbastanza" di Felicia Kingsley

Confesso che avrei voluto pubblicare finalmente un aggiornamento del WWW Wednesday, ma la verità è che ieri sera ho continuato a procrastinare finché non mi è passata la voglia - la voglia non solo di scrivere il WWW, ma anche questa recensione.
 
La verità è che mi sta anche passando la voglia di tenere vivo il blog - non è neanche perché ormai i blog sono sorpassati e l'engagement è molto inferiore rispetto a quello anche solo di un anno fa, ma è solo perché lavorando il tempo è già poco di suo e "sprecarlo" a battere su una tastiera quando potrei fare altro (leggere, guardare un film, semplicemente dormire) mi fa rizzare i capelli sulla nuca. 
 
Vorrei mollare tutto, ma confesso anche che mi mancherebbe - fosse anche solo per tenere traccia di ciò che leggo e di cosa ne ho pensato.
 
 
Titolo: La verità è che non ti odio abbastanza
Autrice: Felicia Kingsley
Data di uscita: 4 novembre 2019
Durata: 10H 31min (Audible Edition)
Editore: Newton Compton Editori
Link Amazon: https://amzn.to/3jPn9ol

Trama: Lexi è una principessa, non delle favole, ma dell’Upper East Side. La sua vita perfetta da facoltosa ereditiera di un impero finanziario scorre tra feste esclusive e shopping sfrenato nel quartiere più lussuoso di New York. A ventisette anni ha già la certezza di un futuro luminoso, di aver vinto la partita, almeno finché un affascinante sconosciuto non le cambia le carte. Il principe azzurro? No, è Eric Chambers, detective di punta dell’FBI, che sta indagando su una truffa miliardaria in cui è coinvolta la famiglia Sloan, venuto a spodestarla dal suo trono. Tanto attraente quanto ruvido e poco disponibile, Eric la reputa viziata e superficiale, e la tratta con distacco e indifferenza. Tra i due è subito guerra. Con tutti i suoi beni confiscati, Lexi si ritrova in mezzo a una strada da un giorno all’altro, ma lei non ha nessuna intenzione di rimanerci. Anzi! Se Eric le ha tolto tutto, dovrà essere lui ad aiutarla e Lexi non accetterà un no come risposta, almeno finché non sarà riuscita a riabilitare il nome della sua famiglia, anche perché lei sarebbe una preziosa risorsa per le indagini. Riusciranno l’ereditiera che cuoce i toast usando il ferro da stiro e l’integerrimo detective di Brooklyn a collaborare senza scannarsi? O senza… innamorarsi?

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Stavolta ce l'abbiamo fatta - stavolta un romanzo di Felicia Kingsley mi è piaciuto davvero tanto. Certo, non al punto di dargli il massimo dei voti perché qualche difettuccio ce l'ha, ma è stato comunque nettamente superiore ai tre precedentemente letti. 

Lexi è un personaggio fantastico, una ricca ereditiera che non si è mai dovuta preoccupare dei soldi e ha sempre potuto comprarsi tutto quello che voleva, ma che possiede anche un gran cuore - è sempre stata gentile con le persone al suo servizio, da piccola faceva i "capricci" per poter regalare i suoi giocattoli nuovi alla figlia della domestica e dona sempre consistenti somme di denaro al centro per ipovedenti perché l'hanno molto aiutata quando era piccola, diagnosticandole una degenerazione progressiva della cornea e per la quale forse le servirà un trapianto in futuro. 

Il giorno in cui la sua famiglia entra nell'occhio del ciclone mediatico a causa di uno scandalo è uno dei più brutti della sua vita - addio alla sua reputazione, addio ai soldi, suo padre rischia di finire in galera e il fidanzato e le sue amiche improvvisamente hanno impegni improrogabili che impediscono loro di aiutarla o anche solo di vederla. 
Ma Lexi non si perde d'animo e non ha intenzione di andarsene da New York per dare voce alle malelingue, oh no - per Lexi l'unica soluzione è pretendere aiuto proprio dall'uomo che le ha congelato i beni e la vita: l'agente federale rigoroso e integerrimo, sezione White Collar, Eric Chambers. 
In fondo non le sembra di chiedere nulla di troppo: con solo duecento dollari in tasca e i vestiti che indossa, a chi altro potrebbe chiedere cibo e un tetto sopra la testa?


Diciamoci la verità: le premesse sono surreali. 
Dove si è mai visto che un agente si prenda praticamente in casa - perché anche se Lexi "vive" nel ripostiglio delle scope di fronte all'appartamento di Eric, di fatto è sempre da lui - una sconosciuta che, se proprio non è l'oggetto delle sue indagini, comunque fa parte della stessa famiglia?
 
Eppure in questo romanzo funziona. 
Lexi ed Eric formano un'accoppiata formidabile, fatta di sarcasmo e irriverenza, confini e spazi personali che non esistono in quanto Lexi letteralmente invade la vita di Eric e lui non può fare niente per impedirlo. Lui, rude e brusco nei modi, ma comunque gentile, virile senza scadere nel macho, compassionevole a modo suo, sulla carta è l'uomo perfetto - mi è mancato tanto non avere il suo punto di vista perché avrebbe contribuito a dare un valore aggiunto alla storia e anche perché parecchi dei momenti della costruzione del loro rapporto, fatti di colazioni e cene insieme nell'appartamento di lui, ci vengono presentate come qualcosa di già accaduto senza che lo vedessimo con i nostri occhi quando scopriamo a che punto dell'anno siamo. 

Lexi è strepitosa - come si impara ad essere poveri? 
Avete mai visto 2 Broke Girls? Ecco, fatevi davanti una Caroline Channing, principessa dell'Upper East Side che si ritrova improvvisamente senza soldi dopo che suo padre è stato arrestato per truffa finanziaria. Non sa come funzioni la metro, non sa come si fa la spesa - in generale non sa come ci si arrangi quando ti devi rimboccare la maniche, quando da Manhattan finisci a Brooklyn. Caroline aveva incontrato Max, Lexi ha dalla sua parte Eric e Brianna, un'amica più vera di quante ne abbia mai avute. 

Questa storia e i suoi protagonisti sono brillanti, divertenti, simpatici e fanno bene al cuore - più di una volta mi sono ritrovata a ridere a voce alta per gli scambi di battute tra Lexi ed Eric. Avrei voluto il punto di vista di quest'ultimo, avrei voluto più momenti tra loro da vivere che mi dessero l'impressione di uno slow burn che cresce, avrei fatto a meno del classico trope del "segreto" taciuto messo lì per creare drama - cosa appena letta in Una Cenerentola a Manhattan, ma se lì c'erano svariate identità di Riley da proteggere/svelare, quindi la cosa si sarebbe potuta fare prima perché non c'erano le stesse premesse e il rapporto tra Lexi ed Eric era molto diverso rispetto a quello di Riley e Jesse. 

Nel complesso comunque mi è piaciuto davvero tanto, finora il migliore della Kingsley che ho letto e credo che sul prenderlo cartaceo ci farò un serio pensierino. 

lunedì 18 aprile 2022

[Recensione] "Una Cenerentola a Manhattan" di Felicia Kingsley

Ultimamente non ho mai voglia di mettermi a fare un WWW Wednesday, ma dovrò decidermi visto che - seppure lentamente - comunque leggo e quindi di aggiornamenti ce ne sarebbero. Intanto vi lascio la recensione dell'ultimo libro che ho concluso.
 
 
Titolo: Una Cenerentola a Manhattan
Autrice: Felicia Kingsley
Data di uscita: 8 novembre 2018
Durata: 11H 4min (Audible Edition)
Editore: Newton Compton Editori
Link Amazon: https://amzn.to/3uNiM3h

Trama: “Un paio di scarpe possono cambiarti la vita” è una frase che non ha mai convinto Riley, e i colpi di fulmine per lei sono sempre stati e rimangono un fenomeno atmosferico. Orfana da quando aveva dieci anni, a ventisette ha tutt’altro a cui pensare: una matrigna succhia-soldi che le inventa tutte per ostacolarla; due sorellastre aspiranti web star, sempre impegnate a tiranneggiarla; tre lavori che deve fare per riuscire a vivere nella Grande Mela; e, per non farsi mancare nulla, il romanzo a cui sta lavorando da due anni e che sogna di poter pubblicare. Ma a New York le occasioni sono dietro l’angolo e un galà in maschera a Central Park potrebbe rappresentare il trampolino perfetto per realizzare il suo sogno. Quello che Riley non ha considerato è che a una festa del genere si possono fare anche incontri inaspettati… E proprio per colpa di uno speciale paio di scarpe si ritrova, proprio lei, da un giorno all’altro, a diventare la protagonista della favola più romantica di sempre nella città dove tutto può succedere.

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Terzo libro che leggo della Kingsley - e dai primi due sono passati due anni. 
Devo dire che con questo è andato meglio rispetto ai precedenti, ma ancora non mi sbilancerei nel dire che questo libro e i suoi personaggi mi siano entrati nel cuore o che mi abbiano emozionata. 

Questo è un retelling moderno di Cenerentola, ambientato nella fascinosa e fastosa Manhattan - dove tutto un po' ricorda Gossip Girl per quanto riguarda New York e con le case al mare negli Hamptons a me venivano in mente Royal Pains e Revenge

Gli elementi della fiaba ci sono tutti: dalla giovane ragazza rimasta orfana alla matrigna cattiva, dalle due perfide sorellastre che condividono un unico neurone allo scapolo d'oro ambito da tutte. E come non citare la famosa scarpetta, in questo caso una Louboutin? A fare da fate madrine a Riley nella notte del ballo abbiamo invece una vecchia vicina di casa e madre surrogata, Diva, e Romeo, collega e amico. 

Riley Moore è vicina alla trentina, ma deve fare praticamente quattro lavori per potersi mantenere - in quanto Mathilda, la matrigna, la usa come schiava e se potesse non pagarle nemmeno il minimo sindacale alla rivista che una volta apparteneva alla madre di Riley, lo farebbe senza alcuna esitazione. 
Per amore di Stylosophy quindi Riley accetta di restare e sopportare tutte le angherie, comprese quelle di vedere le proprie inette sorellastre venire promosse ad una posizione che manco interessa loro. Di sera fa la barista in un locale gay e intanto lavora anche al suo romanzo, consapevole che dovrà proporlo sotto pseudonimo maschile se vuole sperare di essere notata e pubblicata dalla casa editrice dei suoi sogni. Ma come fare arrivare il libro all'editore? 
L'unico modo è imbucarsi al gala e, vestita e truccata di tutto punto tanto da sembrare una principessa, riesce ad infilare la chiavetta USB con il suo romanzo nelle tasche giuste. Qui però incontra un uomo, rimasto assolutamente folgorato dalla sua bellezza - quell'uomo è Jesse, direttore di una rivista digitale, casanova appena eletto scapolo d'oro che improvvisamente non ha occhi che per la sua principessa. Le ore che passano insieme chiacchierando, camminando e baciandosi passano in un soffio e, come fiaba comanda, allo scoccare della mezzanotte Riley deve fuggire se non vuole essere scoperta - lasciandosi alle spalle quindi una scarpetta da 150.000 dollari e uno sconcertato Jesse, che non è riuscito a vederla in faccia senza mascherina e non ha neanche saputo il suo nome. 

Oltre quindi ai suoi problemi quotidiani, Riley si trova alle prese con una probabile causa per furto e smarrimento di scarpe esclusive e al centro di una campagna mediatica ad opera di Jesse, in cui tutta New York cerca di rintracciare la misteriosa Cenerentola. 


Questo libro è stato un intrattenimento piacevole, ma non mi ha fatta impazzire. 
Penso che in parte sia dovuto allo stesso motivo che mi aveva causato problemi con The Spanish Love Deception - magari cartaceo in mano fa un altro effetto, ma più di otto ore di romance in audio (in questo caso sono undici) per me sono un crimine contro l'umanità. Di fatto gli eventi cardine sono davvero pochi e per tutto il tempo la storia sembra quasi infarcita di cose inutili solo per allungare - abbiamo principalmente una Riley fin troppo sottomessa e accomodante, sempre presa a destreggiarsi tra mille identità e senza mai venire allo scoperto con anche solo una di esse quando chiaramente arriva il momento di sputare il rospo e pulirsi la coscienza. Lei e Jesse, che si incontrano per la seconda volta in altre circostanze, sono carini quando sono insieme (anche se poi pure lì, ad un certo punto, finiamo per focalizzarci solo sull'aspetto amici con benefici e un bel pezzo di libro passa così) - presi da soli un po' meno. Lui poi ha dei momenti da vero sciovinista.
 
E capisco la fedeltà alla fiaba originale, ma qui non potevamo dargli un twist diverso? Per me è stato incomprensibile un po' come lo è sempre stata per me la questione Clark Kent/Superman - possibile che nessuno lo riconosca? Cambiano solo gli occhiali! 
A parte l'atteggiamento da stalker di Jesse - questa infatuazione così potente per Cenerentola da sognarsela di notte, fare un altarino alla scarpa e tappezzare New York di una sua foto che fa pure un po' paura - i due comunque si sono parlati per ore, hanno trascorso tempo insieme presumo memorizzando la voce e i manierismi l'uno dell'altra, si sono pure baciati. Possibile che basti una semplice mascherina di pizzo a mezzo viso per far sì che non si riconoscano? Capisco che New York è immensa, ma avanti! 

Un'altra cosa che mi ha fatta storcere il naso è stato l'assioma quasi scontato di capelli lunghi/vestitini/tacchi uguale a femminilità, mentre Riley che ama tenersi i capelli corti e indossare camicie e canotte oversize è sempre sempre criticata da chi la circonda. Anche le sorellastre vengono definite come brutte e stupide, una secca come un'acciuga a dieta e l'altra in sovrappeso che pensa sempre al cibo, tanto che viene da chiedersi perché Mathilda - così attenta alle apparenze - voglia per forza metterle in mostra nel jet set di quelli che contano invece che spedirle lontano. In fondo, dato l'istinto materno non pervenuto, lei stessa è la prima a riconoscere che non valgono niente. 

Come romanzo di intrattenimento non è stato male, ma non c'è stato nulla che mi abbia fatta emozionare - né la rivisitazione di Cenerentola, né la coppia protagonista. 
Mi sono piaciuti invece i signori Paulson, i vecchi e anziani vicini di casa di Riley che la amano come una figlia e la supportano sempre, e la descrizione di una New York sembra prendere vita davanti agli occhi di chi legge/ascolta. 
Il finale è stato affrettato, troppo breve rispetto al resto e un po' anticlimatico. 

Proverò ancora con la Kingsley - ci sarà pure un romanzo che farà breccia prima o poi, no?

lunedì 11 aprile 2022

[Recensione] "L'incastro (im)perfetto" di Colleen Hoover

Questo è il mio primo libro di Colleen Hoover - e avevo sempre immaginato che l'avrei letto in lingua originale perché sono innamorata di quella cover azzurra. 
Anzi, più di una volta avevo pensato di comprarlo a scatola chiusa perché ne avevo sempre sentito meraviglie a destra e a manca. 
 
Invece è finalmente giunto il momento di sfruttare quei tre mesi gratuiti su Audible - di cui io, tra una cosa e l'altra, ho totalmente sprecato il primo - e così mi sono buttata sulla versione italiana. E, incredibile ma vero, la prima metà del libro sono riuscita ad ascoltarla di domenica pomeriggio (ovviamente non quella appena passata ieri, ma quella precedente) senza addormentarmi neanche una volta. 


Titolo: L'incastro (im)perfetto
Titolo originale: Ugly Love
Autrice: Colleen Hoover
Data di uscita: 27 agosto 2015
Data di uscita originale: 5 agosto 2014
Durata: 7H 55Min (Audible Edition)
Editore: Leggereditore
Link Amazon: https://amzn.to/3J6D63E

Trama: Quando Tate Collins trova il pilota Miles Archer svenuto davanti alla sua porta di casa, non è decisamente amore a prima vista. Non si considerano neanche amici. Ciò che loro hanno, però, è un’innegabile reciproca attrazione.
Lui non cerca l’amore e lei non ha tempo per una relazione, ma la chimica tra loro non può essere ignorata. Una volta messi in chiaro i propri desideri, i due si rendono conto di aver trovato un accordo, almeno finché Tate rispetterà due semplici regole: mai fare domande sul passato e non aspettarsi un futuro.
Tate cerca di convincersi che va tutto bene, ma presto si rende conto che è più difficile di quanto pensasse. Sarà in grado di dire di no a quel sexy pilota che abita proprio accanto a lei?
 
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Dunque, non so se sono io il problema oppure i libri che leggo - difficilmente mi entusiasmo ultimamente. Non so, forse dipende dal fatto che leggo a rate e senza una continuità fissa o regolare, quindi poi quando arrivo alla fine di una storia mi sento alquanto "tiepida" a riguardo perché nel frattempo è passato diverso tempo e ho dimenticato/mi sono allontanata dalla storia e dai suoi personaggi. 

Avevo sentito dire che questo libro era straziante, che ti strappava il cuore e l'anima e ti mozzava il respiro mentre ti faceva piangere una valle di lacrime. Per me non è stato proprio così - o meglio, non esattamente. 

Ho faticato molto ad empatizzare con i personaggi, soprattutto Tate. 

Tate conosce Miles in una delle serate peggiori della vita del ragazzo - Miles è un pilota come il fratello di Tate e vive nell'appartamento di fronte e la sera in cui Tate lo trova, Miles è ubriaco e svenuto in corridoio. La mattina successiva porta con sé molto disagio e imbarazzo e una certa rudezza da parte di Miles, che si limita ad abbaiare domande, a pretendere risposte e a restare in un ostinato silenzio il resto del tempo. Tate però resta fulminata dal suo sguardo intimidatorio che sembra nascondere anche altro, però - peccato che Miles non sia il tipo che ama condividere. Anzi, sembra proprio non provare emozioni - anche se sono proprio i suoi occhi a tradirlo spesso.  

Tate è un'infermiera e, anche se non lo fosse stata, è comunque affetta da quella sindrome da crocerossina che io tanto odio. Miles ha messo in chiaro fin dall'inizio che non sono amici, che non lo sarebbero mai stati, che non voleva che lei facesse domande sul suo passato e che non doveva aspettarsi un futuro. E invece Tate insiste, accetta una storia di solo sesso facendosi continuamente del male sperando che un giorno il solo sesso possa diventare qualcos'altro e che Miles possa cambiare. 

Ora, forse è perché non mi sono mai innamorata, ma tutto questo insistere e aspettarsi continuamente un risultato che è alquanto improbabile che si concretizzi è quanto di più lontano ci sia dal mio carattere, che fa presto a stancarsi quando un rapporto non è all'altezza delle mie aspettative e mi procura più ansia e brutte sensazioni che altro. Per questo non ho amato Tate - e non sono neanche riuscita a comprenderla.

Non ho neanche capito del tutto da cosa sia scaturita tutta questa attrazione e chimica tra Tate e Miles - si vedono un paio di volte e forse anche di più, ma Colleen Hoover te lo dice e non te lo mostra, e improvvisamente sono impegnati nel miglior sesso della loro vita e incapaci di togliersi le mani di dosso e ammetto che io ero ancora un po' perplessa perché non mi ero affatto sentita trasportata e coinvolta da questo sviluppo. 

Nel giro di poco Miles diventa il tutto di Tate, anche se non ho mai capito su che base. 
Diversa la questione per Miles, che ho amato nel passato e poi nel momento in cui passato e presente si uniscono. Ho amato conoscere il Miles diciottenne e il fatto che avesse fatto della Rachel per cui piangeva la notte in cui Tate l'ha trovato il suo tutto aveva molto più senso di quando Tate ha fatto di Miles il suo tutto - Miles era ancora un ragazzo in un'età in cui le emozioni che si provano sono amplificate al massimo. I flashback di Miles ambientati sei anni prima erano quelli che attendevo di più durante la lettura, mentre la San Francisco attuale - che poteva essere qualunque altra città visto che non usciamo dall'edificio in cui Tate e Miles vivono - raccontata da Tate aveva cominciato a suonare ripetitiva tra un incontro di sesso e l'altro e Tate che sospirava per Miles. 
 
Miles non è cattivo - è un bravo ragazzo che ha vissuto un amore e un dolore così grandi che poi non ha più voluto rischiare il suo cuore e un ripetersi della storia. Non incarna il classico cliché dell'uomo che non crede all'amore e che per questo ha una donna diversa ogni sera - no, Miles ci ha creduto, ci ha creduto così tanto che dopo aver perso tutto ha vissuto una vita fatta solo di lavoro e poche amicizie. Vive nel passato, ci vive ancora - vive ancora nel suo dolore e nei suoi sensi di colpa. La voce di Tate è al presente e nella sua relazione attuale con Miles, la voce di Miles invece ci racconta la sua storia perso nei ricordi di ciò che aveva e che poi ha perso, rendendolo ciò che è oggi.

Confesso che mi sono commossa quando arriviamo all'apice dei flashback, quando scopriamo che dopo tutto il bello dell'amore che Miles ha provato arriva poi il brutto, arriva la sofferenza e arriva il dolore vero - forse il più grande che un essere umano può provare. Ciò che poi ha spinto Miles a rinunciare all'amore, a non voler amare più nessuno e ciò che per sei anni l'ha ridotto l'ombra sbiadita del ragazzo che era stato. Confesso che ho proprio pianto quando passato e presente si fondono, quando Miles finalmente trova il coraggio di far visita a quel passato, di affrontarlo - di affrontare il dolore e accettarlo per andare avanti, concedendosi di provare di nuovo gioia, felicità e forse amore. 

Non so se è in me che "manca" qualcosa - quel qualcosa che permette agli altri di cogliere il momento in cui tra due persone sta nascendo un sentimento o quale sia la "scintilla" che cambia improvvisamente le cose. Io ho visto solo sesso - e inizialmente ho faticato anche a vedere tutta questa attrazione perché Tate e Miles sembravano non interagire affatto tra loro. Di conseguenza ho faticato a capire la base su cui si è sviluppato un sentimento - posso capire Tate che è sempre stata un libro aperto con Miles e non ha mai nascosto niente (ma non avendola apprezzata, ho faticato comunque a capire cosa ci fosse in Tate di così speciale perché noi vediamo solo lei persa per Miles decisa a salvarlo mentre perde di vista tutto il resto e accetta anche gesti ingiustificabili pur di provare a cambiare la decisione di Miles di non darle il suo passato e neanche il suo futuro), ma Miles non ha mai concesso un centimetro di personalità nel presente e forse i suoi occhi davvero parlavano, ma li vedeva solo Tate. 

Insomma, arrivando ad una conclusione, mi aspettavo di essere trascinata in un vortice di emozioni e strazio. La scrittura della Hoover però è scorrevole - vorrà pur dire qualcosa se ho ascoltato mezzo libro in un solo pomeriggio - ma i primi tre quarti di libro mi hanno lasciata alquanto "fredda" e indifferente. Non in senso cattivo ma, da come ne avevo sentito parlare, mi aspettavo molto di più da Ugly Love. Mi sono sentita veramente coinvolta sono quando sono arrivata all'apice dei ricordi di Miles e nel momento in cui il passato è entrato in collisione con il presente - lì, se ci ripenso, ancora piango di commozione. Ma Tate e Miles insieme... meh. 

Tenterò ancora con Colleen Hoover perché ce ne sono almeno altri due o tre di libri suoi che mi ispiravano, ma non subito. 

lunedì 4 aprile 2022

[Recensione] "Tied Up In You" di Erin Fletcher

Sarò sincera: non ricordo se il personaggio di Jackson fosse già apparso in All Laced Up. Probabilmente - anzi, sicuramente - sì, ma non ricordo in che ruolo o consistenza. O se credevo che il protagonista del secondo sarebbe stato qualcun altro oppure se mi fosse partita addirittura un'altra ship perché c'era un pairing che mi risultava interessante. Boh.
 
 
Titolo: Tied Up In You
Serie: All Laced Up #2
Autrice: Erin Fletcher
Data di uscita: 10 luglio 2017
Durata: 5H 56Min (Storytel Edition)
Editore: Entangled: Crush
Link Amazon: https://amzn.to/3wB7CQD

Trama [tradotta da me]: Tutti dicono che il fenomenale portiere Luke Jackson sia un dono di dio per le ragazze, ma l'unica ragazza che lui vuole è la sua migliore amica, Malina Hall. Ha sempre saputo quanto fosse brillante, ma ora che l'ha baciata “per sbaglio” non riesce a smettere di pensare a lei…oppure a volerla baciare di nuovo.

Il problema è che le cose si sono fatte un po'…imbarazzanti dopo quel bacio. Forse perché anche a lei piace lui? Si spera, ma anche se fosse così il loro futuro—e la ridicola quantità di impegni che segue appresso—sembra far di tutto per rovinare loro la festa. E ora uno dei suoi compagni di squadra inizia a mostrare interesse per lei e il tizio ha più cose in comune con Malina di quante Jackson ne avrà mai.

Come suo migliore amico, Jackson dovrebbe levarsi dai piedi. Ma se c'è una cosa che ha imparato dall'hockey è che devi lottare per quello che vuoi, anche se significa fallire miseramente e cadere come una pera cotta. E lui sta decisamente cadendo ai piedi Malina.

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Come il precedente, anche questo libro è stato breve e - grazie al cielo - privo di drammi inutili, slut-shaming o qualsiasi altro cliché si possa trovare in un romanzo young adult. 


Jackson e Malina sono amici da una vita - dalle elementari, per la precisione. 
Sono molto diversi, ma ciò non ha mai impedito loro di essere sempre molto uniti e sempre e soltanto amici, nonostante ormai molte delle persone attorno a loro si aspettassero una svolta romantica. 

E la svolta romantica arriva in maniera inaspettata quando Jackson, di ritorno da una serie di partite di hockey giocate in trasferta, bacia "per sbaglio" Malina una sera che sono a casa di lei da soli. 
L'imbarazzo è immediato, il non sapere come reagire pure, ma se c'è una cosa che non riescono a togliersi dalla testa è il baciarsi di nuovo. 

Ma questa evoluzione nel loro rapporto come potrebbe influenzare il loro futuro? 
 
Jackson fa affidamento sull'essere scelto dalla NHL e non ha intenzione di fare domanda al college; Malina ama lo spazio e l'astrofisica, ma è un campo molto competitivo e la sua famiglia non ha i soldi per mandarla in un college con quel programma, così cerca di restare il più realistica possibile propendendo per una carriera nel mondo degli affari. 

Peccato che quel bacio mandi all'aria tutti i piani prestabiliti e distrugga definitivamente lo status quo delle loro vite fino a quel momento. 


Avete presente quando un libro vi piace, ma poi lo finite e non sapete cosa dire? 
Il primo - con Lia e Pierce, che qui fungono da spinta nella giusta direzione e supporto ai nostri protagonisti - l'avevo letto praticamente in un giorno, anche perché non lavoravo all'epoca. Questo secondo volume, sebbene della stessa lunghezza, ci ho impiegato praticamente una settimana. 

Ma non perché non mi stesse piacendo - Malina e Jackson sono adorabili, presi sia singolarmente che insieme: sono determinati, divertenti, dolci e tipicamente adolescenti. Probabilmente è il mio solito blocco del lettore perennemente in sottofondo che non mi fa entusiasmare più come una volta e la stanchezza mi rende sempre svogliata e annoiata. 

Tied Up In You è un libro tranquillo, scorrevole, poco impegnativo - l'hockey è molto meno presente e invece si focalizza di più sull'evoluzione del rapporto tra Malina e Jackson. Anche le loro famiglie hanno un peso non indifferente, in particolare quella di Malina di origine hawaiana  - e la nonna, Tutu, è decisamente una forza della natura. 
Entrambi hanno la loro dose di problemi e sogni e speranze con cui avere a che fare, ma la Fletcher non calca mai troppo la mano facendoci sentire sì la presenza di questi ostacoli e l'importanza delle loro ambizioni, ma senza farle pesare come una macigno. Entrambi sono intelligenti e capaci di trovare un modo per affrontare ciò che gli si presenta davanti. 

Per un momento ho temuto una sorta di triangolo, ma se c'è una cosa che apprezzo di Erin Fletcher è che sa scrivere storie tenere, dolci e romantiche senza per forza infilarci qualche dramma - ed è vero che ci sono un paio di litigi, come si conviene in qualsiasi rapporto che sia di amicizia o di amore, ma il tutto viene sempre affrontato subito e con maturità, senza tirarla troppo per le lunghe. 

L'avessi letto in un altro periodo forse mi sarei sentita più coinvolta - e forse per questo tenderei a mettere Lia e Pierce al di sopra di una spanna - e, per quanto non indimenticabile come altri romanzi che mi hanno rubato il cuore e il respiro, è stata comunque una storia davvero carina e rilassante.