venerdì 3 novembre 2017

[Recensione] "Every Last Promise" di Kristin Halbrook

Non so quanto sarà lunga questa recensione perché c'è molto da dire, ci sono molte cose da considerare, c'è una protagonista da analizzare. 
Quindi spero che, alla fine di tutto, quello che segue abbia un senso.


Titolo: Every Last Promise
Autrice: Kristin Halbrook
Data di uscita: 21 aprile 2015
Pagine: 288 (copertina flessibile)
Editore: HarperTeen

Trama [tradotta da me]: Un ragazzo è morto. Un ragazzo è ferito. Ed è tutta colpa di Kayla. Perlomeno questo è quello che tutti pensano. 

Nessuno conosce la vera ragione per la quale si è messa al volante in primo luogo quella notte o la promessa che ha fatto alla sua amica Bean. La verità è che Kayla ha visto qualcosa a quella festa che non avrebbe dovuto vedere e non l'ha detto a nessuno. 
Kayla ha lasciato la sua piccola città per fuggire dagli sguardi e dalle accuse. Ma ora sta tornando a casa per il suo ultimo anno. Se Kayla resta zitta potrebbe tornare ad avere la sua vecchia vita. Se dice la verità rischia di perdere l'affetto di tutti e tutto ciò a cui ha sempre tenuto. 

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Siamo a Winbrooke, un paesino di campagna del Missouri - uno di quelli lontani dalle città, uno di quelli pieni di fattorie in cui si conoscono tutti e d'estate si lavora sodo e il quarterback della squadra di football è l'idolo indiscusso di tutti per aver portato il paese ai campionati. 

La protagonista Kayla è al penultimo anno ed è amata da tutti: suo fratello è una simpatica canaglia e sta per andare al college, ha tre migliori amiche e a scuola sono popolari, il fratello gemello della sua migliore amica Jen è il quarterback della squadra di football e con tutti gli altri ragazzi formano un gruppo unito. 
E soprattutto Kayla ama profondamente Winbrooke: i suoi campi sterminati, i colori del tramonto, le persone che ci vivono, le feste in riva al fiume, la bevanda segreta al coffee shop che non risulta sul listino. 
Mentre tutti fanno programmi per visitare il mondo e andarsene al più presto, lei è l'unica che vuole restare - è l'unica che non vuole lasciare Winbrooke, nemmeno per il college, perché semplicemente è casa sua. 

La storia si alterna tra la primavera del penultimo anno a partire dal ritorno dallo spring break e tra l'autunno dell'ultimo anno di scuola, al ritorno di Kayla dopo tre mesi passati a Kansas City da sua zia. 
In primavera, durante la festa organizzata per la fine della scuola a casa di Jen e Jay, Kayla ad un certo punto ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. 
Nessuno sa perché fosse al volante: quello che tutti sanno è che lei stava guidando e l'auto è finita in un fosso, uccidendo uno dei ragazzi che era a bordo con lei e ferendone un altro. Lei stessa ne è uscita con traumi, contusioni e una caviglia distrutta. 
Mandata via dai suoi genitori per essere protetta dai pettegolezzi, quando non ha saputo di notizie e denunce riguardo a quello che aveva visto, Kayla si è convinta di essersi sbagliata - si è convinta che se la stessa persona non aveva denunciato nulla, allora andava bene anche per lei stare zitta. Che quello era il tacito accordo. 

E così Kayla torna a casa per l'ultimo anno, tutti la chiamano Killer Kayla e nessuno è contento di rivederla. Dove sono finite le persone che le volevano bene? Perché il paese che tanto ama le si sta rivoltando contro? 
Kayla è vittima di bullismo, vede come sono cambiate le cose in sua assenza e fa di tutto per tornare ad appartenere a casa sua. E lo fa fingendo di non ricordare quella notte, lo fa nonostante i sensi di colpa e il continuo ricordo di quella promessa che aveva fatto - quella promessa di tornare indietro e aiutare. 
Perché è convinta che se starà zitta, allora tutto e tutti torneranno come prima. 


Kayla Martin non è un bel personaggio. Per niente. 
Molti hanno massacrato questo libro su Goodreads proprio a causa sua, a causa della sua codardia e delle sue promesse non mantenute. 
Eppure il libro a me è piaciuto - non per Kayla in sé, ma per quello che racconta e il modo in cui lo fa, perché costringe il lettore a mettersi in discussione. 

Come si fa a vivere divisi tra il dovere di mantenere una promessa fatta a qualcuno e la voglia di restare zitti per proteggersi?

A tutti piacciono le eroine nei libri, quelle ragazze badass che sono altruiste e si battono per le cose giuste. Quelle che non si inchinano di fronte alla paura.
Kayla è il contrario di questi personaggi: è vigliacca, preda della paura delle conseguenze, egoista perché rivuole tutto com'era prima pur sapendo cosa è cambiato e l'orrore di quell'evento che ha scatenato il cambiamento, interessata più alla sua auto-conservazione che alla giustizia. 

Però a me piace leggere di queste protagoniste perché sono umane.
Per quanto spiacevoli e sgradevoli e assolutamente colpevoli - se non direttamente, per complicità - mostrano fin quanto in basso è in grado di scendere l'essere umano. 
A tutti piacciono le eroine, tutti noi siamo convinti che in certe circostanze saremmo in grado di fare la cosa giusta - di porci a paladini contro chi ha commesso un crimine - ma saremmo davvero in grado di farlo? 

C'è un libro - che ho solamente in digitale, ma che prima o poi comprerò cartaceo - che si chiama Here We Are: Feminism for the Real World e in cui 44 scrittrici, tra cui la mia adorata Courtney Summers, parlano delle loro storie e dei loro personaggi e della loro idea di femminismo. 
Se avete letto le mie recensioni dei libri di Courtney Summers, sapete che le sue protagoniste non sono affatto dolci e gentili e generose - sono difficili, a volte cattive, spesso lottano tra il fare la cosa giusta e stare zitte. 

Courtney Summers la chiama "The Likability Rule", quella regola secondo la quale un personaggio femminile deve essere piacevole al di sopra di ogni cosa altrimenti viene meno l'ideale femminile dato per scontato. 
Nel momento in cui un personaggio femminile esce dal seminato e non è più gentile, generoso, pacato e deferente, ecco che si è portati ad odiarlo. 
Kayla non è nessuna delle cose sopra - credeva di esserlo, ma non lo è ed è per questo che molti l'hanno massacrata. Perché viene vista come un personaggio non meritevole di tempo, compassione, empatia o gentilezza. 

Questa regola non si applica esattamente a Kayla perché lei è diversa dalle ragazze Summers - non presenta le medesime caratteristiche, gli stessi presupposti di "vittima" che hanno le ragazze Summers - però in qualche modo è pertinente, in qualche modo è scattata l'associazione nella mia mente.

Avevo già capito dove la storia volesse andare a parare, cosa avesse visto Kayla quella notte alla festa. 
C'erano indizi nel modo in cui notava alcune cose un po' strane osservando certe dinamiche, ma io sono ormai avvezza a certi temi nei libri e quindi l'ho subito intuito. 
E pur essendo anche lei unlikable, Kayla è diversa dalle ragazze Summers. 
Le atmosfere sono quelle di All the Rage, ma non coinvolgono Kayla - perlomeno non direttamente. Come Regina in Some Girls Are, Kayla si trova al di fuori del suo giro di amiche cercando una chance per poter rientrare nel gruppo ma facendo amicizia con chi aveva sempre snobbato fino a quel punto - e quanto è stato dolce il personaggio di Noah. Kayla è forse più simile a Parker di Cracked Up to Be - entrambe hanno visto qualcosa durante una festa, ma se Parker decide di dire addio al mondo di cui aveva sempre fatto parte, Kayla non ci vuole rinunciare e questo a dispetto della giustizia e delle promesse che aveva fatto. 

"[***] lo vede.
Quello che stavo per fare. La persona forte abbastanza che credevo di essere.
Non dicono che, nei momenti di disperazione, diventiamo più forti di quanto fossimo stati fino a quel momento? Forti abbastanza da sollevare macchine da sopra dei corpi per portare le persone al sicuro? Da promettere di salvare qualcuno? Da dire la verità quando tutto è finito?
Eventualmente però la forza scompare e diventiamo di nuovo mortali."

Kayla è diversa dalle ragazze Summers perché mentre Regina e Parker tentano di auto-distruggersi, i sensi di colpa di Kayla non sono mai così forti da stemperare la sua voglia - il suo bisogno - di appartenenza. 
Come vi ho detto, Kayla non è un bel personaggio - non è uno di quelli che ci aspettiamo di trovare nei libri - e non sempre prende la decisione giusta. 
Nessuno dei personaggi all'interno di questo libro lo fa, e forse più di Kayla ho trovato sgradevoli le sue amiche Jen e Selena. Eppure sono tutti così reali nei loro difetti e nelle loro mancanze e nei loro sbagli.

La cosa inquietante di questo romanzo è però come Kayla si renda conto - troppo tardi e troppo lentamente - che il paese e coloro che lo abitano non sono come li aveva sempre visti e immaginati. 
Winbrooke è un paese che vive e respira e osserva e il romanzo dà al lettore un senso di claustrofobia perché gli abitanti si muovono come una sola persona e si aizzano contro chiunque provi a minacciare lo status quo parlando e rivelando i piccoli sporchi segreti. 
Fondamentalmente è un paese che si basa sull'omertà, dove tutti chiudono gli occhi perché i ragazzi sono ragazzi e la famiglia Brewster detta le regole. È un paese dove nessuno pensa male degli eroi del paese, dove le scelte vengono fatte da altri e se ti ribelli sei costretto a vivere nella paura di quello che ti potrebbero fare. 

Kayla non è un bel personaggio: è codarda, si convince che stare zitta sia quello che vogliono tutti a dispetto della giustizia che la stessa vittima ha paura a chiedere, si odia per la sua vigliaccheria perché ama il suo paese e non riesce a fare la cosa giusta e odia anche coloro che hanno tolto la patina dorata a Winbrooke mettendo in mostra tutte le sue brutture. 
Kayla però verso la fine è anche comprensibile - non dico che si arrivi ad apprezzarla, ma di sicuro si arriva a capire la sua paura e c'è un evento che finalmente le fa aprire gli occhi. Perché quando i nostri eroi ci deludono, ci rifiutiamo di vedere la verità e di vedere che i loro fallimenti sono anche i nostri. 

Non ho amato Kayla - non come ho amato le ragazze Summers - perché lei è davvero difficile da amare. Anche da capire, forse - sebbene alla fine ci si riesca. 
Forse perché, appunto, siamo convinti che noi faremmo meglio - che noi faremmo la cosa giusta incuranti della paura e dei cambiamenti.
Forse perché io ancora credo che non mi sarei comportata come Kayla, che un segreto del genere non sarei riuscita a tenermelo dentro in nome dell'amore verso il proprio paese e delle amicizie di una vita. 
Ma poi penso a dove sono cresciuta e alle persone con cui l'ho fatto e a quelle che ho osservato e da cui sono stata osservata a mia volta durante l'adolescenza e allora non ne sono più tanto sicura - perché è rassicurante vivere in un posto in cui tutti conoscono tutti fino a quando non lo è più. 

Non avrò amato Kayla, però mi è piaciuta perché reale e conscia delle sue mancanze - conscia della sua codardia. E lei e la sua storia non le dimenticherò tanto facilmente perché sono un monito di insegnamento. 

Every Last Promise non è un libro che ti incalza perché tutto viene scoperto poco alla volta e di azione effettivamente ce n'è poca perché il conflitto di Kayla occupa la maggior parte dello spazio. Però è reale, crudele e spinge il lettore a notare le piccole cose rinchiudendolo in questa piccola bolla di nome Winbrooke, osservato e giudicato. 
Un paese che credi resterà sempre uguale con i suoi dei del football, la sua routine, le sue feste popolari, ma che sotto la patina di sicurezza e familiarità nasconde ben altro.


2 commenti:

  1. Bhe si in effetti protagoniste come Kayla non esprimono pareri negative però sono daccordo con te quando dici che lei è umana e gli sbagli li commettiamo tutti quindi capisco il tuo punto di vista.
    Non conosco il libro e anzi bravissima per proporci queste letture in lingua, molto bella la tua recensione

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    1. Grazie, Susy! :)
      Come al solito temevo di aver esagerato con la lunghezza e che non l'avrebbe letta nessuno - oltretutto più penso al libro, più mi vengono in mente cose da aggiungere. >.<

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