lunedì 7 agosto 2023

[Recensione] "Kent State" di Deborah Wiles

Inizialmente avevo pensato che, vista la brevità del libro, gli avrei dedicato un piccolo spazio all'interno di un nuovo appuntamento del BRT. Eppure, poco dopo aver cominciato l'ascolto, mi sono resa conto che non sarebbe stato possibile - perché questa è stata una storia talmente potente che non poteva non avere un post a lei dedicato.
 
 
Titolo: Kent State
Autrice: Deborah Wiles
Data di uscita: 21 aprile 2020
Durata: 1H 58Min (Audible Edition)
Editore: Scholastic Press
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Trama [tradotta da me]: Dalla due volte finalista al National Book Award Deborah Wiles, un'eccellente esplorazione di uno dei momenti più bui della nostra storia - quando le truppe americane hanno ucciso quattro studenti americani che protestavano contro la guerra in Vietnam. 
 
4 maggio 1970. Kent State University. 
 
Nel momento in cui i dimostranti si ritrovano nel campus, gli uomini della Guardia Nazionale vengono chiamati. Nel caos di ciò che successe in seguito furono sparati dei colpi e quattro studenti rimasero uccisi - ancora oggi ci sono discussioni su ciò che accadde e perché. Narrato da molteplici voci e da altrettanti punti di vista -- protestanti, uomini della Guardia Nazionale, abitanti della città, studenti -- il libro Kent State di Deborah Wiles mostra un commoventi, terrificante e stimolante ritratto di ciò che accadde quel weekend in Ohio... un evento che, anche 50 anni dopo, ancora risuona profondamente.

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TRIGGER WARNING: guerra del Vietnam, sparatoria su dimostranti, sangue, ferite, morti alquanto grafiche ed esplicite. 


L'argomento di questo libro è quello di uno dei momenti più bui dell'America: la guerra in Vietnam. Se il presidente Lyndon Johnson aveva dato ordine di cominciare a ritirare le truppe, il suo successore Nixon - senza consultare il Congresso e sempre con il pretesto di fermare l'espandersi del comunismo - decide di bombardare e fare incursione della neutrale Cambogia per stanare i soldati del Vietnam del Nord che si rifugiavano lì e stoccavano le loro armi. 

La cosa non venne presa bene in America, molti studenti manifestarono il loro dissenso e soprattutto alla Kent State University in Ohio i giovani protestarono ed esercitarono i loro diritti stabiliti dal Primo Emendamento: libertà di parola, di assemblea e di stampa. Fu fatta però intervenire la Guardia Nazionale, che uccise quattro studenti e ne ferì altri nove - la Guardia Nazionale aprì il fuoco sugli studenti che protestavano, ma anche su chi stava solo osservando oppure andando a lezione. 

Quella della Kent State è una ferita ancora aperta: rappresenta il giorno in cui l'America si è rivoltata contro i suoi figli disarmati, nei loro cortili scolastici e li ha uccisi. 


Devo essere sincera: prima di leggere questo libro non conoscevo la tragedia della Kent State University. Sapevo sì delle proteste contro la guerra in Vietnam, sapevo che Nixon non è stato affatto un grande presidente, ma essendo io un'italiana nata alla fine degli anni '80 ne ignoravo l'esistenza e quella tragedia credo non fosse nemmeno menzionata nei miei libri di scuola. Pertanto credo che a chiunque non sia americano sia un po' difficile entrare nel setting di questa storia. 

La tradizione orale porta sempre poi a qualche differenza e non è solo la tradizione orale a non mantenere sempre la stessa storia di volta in volta - chiunque con una diversa prospettiva, chiunque con una diversa visione, chiunque con diversi ideali ha una propria versione di ciò che accadde quel 4 maggio 1970. 

Sono felice di averlo ascoltato in audiolibro perché è stato realizzato un vero capolavoro - oltre al fatto che ci sono tre dei miei narratori preferiti. Ma ascoltare questa storia narrata da un coro di voci altamente espressive e con tanto di effetti sonori quando si giunge al climax degli eventi è di una potenza inaudita, da pugno nello stomaco e calcio sui denti - leggerla e basta non avrebbe sortito la stessa angoscia e la stessa commozione.

Proprio per dare voce a chiunque sia stato in qualche modo coinvolto in quel weekend, è stata creata una storia corale: un coro di voci che si rivolgono direttamente al lettore, che vogliono raccontare a te - nuovo amico - una vecchia storia. 
 
Abbiamo quindi la versione studentesca rassegnata che afferma che si è trattata solo di una tragedia, la versione studentesca ancora furiosa che afferma che si è trattato di qualcosa di premeditato e pianificato, la versione cittadina arcigna che afferma che è stata colpa loro e che se lo sono meritato e che dovevano esserne uccisi molti di più, la versione cittadina del classico vecchio che giudica tutto ciò che fanno i giovani, la versione degli studenti neri ignorati anche e soprattutto nella tragedia, la versione della Guardia Nazionale che si difende dicendo che stava soltanto eseguendo gli ordini e che molti di loro non erano che poco più grandi degli studenti e che stavano solo cercando di evitare di essere spediti in Vietnam. 

È un racconto corale potentissimo che non solo dipinge l'America di quegli anni divisa tra chi era contrario alla guerra e chi invece ne era sostenitore - al punto che le regole per l'arruolamento era diventate arbitrarie e che si cercava di spedire quanti più giovani possibili a combattere - ma che ripercorre quei quattro giorni di maggio uno alla volta, in una escalation continua, fino al loro tragico epilogo. 

Dialoghi accesi, comunicazioni interrotte a metà - voci di agitatori esterni a Kent prossimi ad invadere la città, coprifuoco che costringe gli studenti fuori dai bar e a riversarsi in strada, diritti di assemblee che vengono negati, teste calde che spaccano vetri e appiccano fuochi, sindaci nel panico che chiamano governatori chiedendo l'intervento della Guardia Nazionale, studenti neri le cui proteste vengono ignorate nei giorni precedenti e punite fin troppo duramente dopo, studenti che non ci stanno ad essere costretti e rinchiusi nelle proprie stanze oppure a venire invasi nel proprio campus universitario. 

Voci che si danno addosso, che si sovrappongono, che provano a portare l'altro dal proprio punto di vista ma che poi rimangono sempre ancorati sulla propria posizione. 

E poi arriviamo al 4 maggio 1970. 

Voci concitate che raccontano lo svolgersi degli eventi e in sottofondo urla di protesta e poi sibili di gas lacrimogeno che escono dalle bombolette lanciate dalla Guardia Nazionale sulla folla, poi ancora urla e lacrime e poi spari e poi urla di dolore e rabbia e richieste di aiuto che rimangono inascoltate. Dov'erano i professori? Dov'era la polizia? Dov'erano i protettori di questi ragazzi? 

Se è tuo diritto riunirti in assemblea con altre persone, ma poi questo diritto ti viene negato dal tuo stesso governo che così facendo calpesta la Costituzione e il Primo Emendamento e quello che doveva essere un sit-in pacifico viene soffocato dalla Guardia Nazionale che ti pressa e ti soffoca e ti vuole mettere a tacere... può considerarsi ancora tale se gli studenti cominciano a lanciare sassi e pietre? Può giustificare l'aprire il fuoco sulla folla? Su quegli stessi cittadini americani che si dovrebbe proteggere?

Quella della Kent State è una ferita americana ancora aperta - ancora molti ritengono ingiustificato ed eccessivo l'uso delle armi, i cittadini di Kent che si sono visti sconvolgere la vita e distruggere la città invece danno tutta la colpa agli studenti. E le voci e le vite degli studenti neri rimangono ancora una volta inascoltate e considerate meno. 

Una cosa che mi ha colpita è come gli studenti credessero che le armi dei soldati non fossero veramente cariche con proiettili veri - ma poi la voce di chi ha la pelle nera dice che se un uomo bianco ti punta la pistola contro, allora puoi star certo che quell'arma è davvero carica e pronta ad ucciderti. 

La morte di quei quattro ragazzi ha segnato una svolta e ha portato l'America un passo più vicino alla fine della guerra in Vietnam. Doveva essere un monito, ma sappiamo benissimo anche noi che ad una guerra ne segue sempre un'altra e così via - di fatto, non impariamo mai dalla storia di chi ci ha preceduto. 

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