martedì 31 maggio 2016

[Recensione] "Lo strano viaggio di un oggetto smarrito" di Salvatore Basile

Se mi seguite nei miei vari WWW, allora avrete letto che il romanzo oggetto di questo post lo bramavo con tutta me stessa e che l'avevo messo in wishlist non appena ho visto la sua copertina e letto la sua trama ancora a marzo. 

Quindi un grazie a mia madre che ha pensato bene di regalarmelo mentre lei e mio padre tornavano dalla comunione di mio cugino a Bergamo. 
La mamma è sempre la mamma, in fondo, e proprio di una mamma si parla anche in questo libro... 


Titolo: Lo strano viaggio di un oggetto smarrito
Autore: Salvatore Basile
Data di uscita: 5 maggio 2015
Pagine: 290 (copertina rigida)
Editore: Garzanti

Collana: Narratori Moderni

Trama: Il mare è agitato e le bandiere rosse sventolano sulla spiaggia. Il piccolo Michele ha corso a perdifiato per tornare presto a casa dopo la scuola, ma quando apre la porta della sua casa nella piccola stazione di Miniera di Mare, trova sua madre di fronte a una valigia aperta. Fra le mani tiene il diario segreto di Michele, un quaderno rosso con la copertina un po' ammaccata. Con gli occhi pieni di tristezza la donna chiede a suo figlio di poter tenere quel diario, lo ripone nella valigia, ma promette di restituirlo. Poi, sale sul treno in partenza sulla banchina.
Sono passati vent'anni da allora. Michele vive ancora nella piccola casa dentro la stazione ferroviaria. Addosso, la divisa di capostazione di suo padre. Negli occhi, una tristezza assoluta, profonda e lontana. Perché sua madre non è mai più tornata. Michele vuole stare solo, con l'unica compagnia degli oggetti smarriti che vengono trovati ogni giorno nell'unico treno che passa da Miniera di Mare. Perché gli oggetti non se ne vanno, mantengono le promesse, non ti abbandonano.
Finché un giorno, sullo stesso treno che aveva portato via sua madre, incastrato tra due sedili, Michele ritrova il suo diario. Non sa come sia possibile, ma Michele sente che è sua madre che l'ha lasciato lì. Per lui.
E c'è solo una persona che può aiutarlo: Elena, una ragazza folle e imprevedibile come la vita, che lo spinge a salire su quel treno e ad andare a cercare la verità. E, forse, anche una cura per il suo cuore smarrito.
Questa è la storia di un ragazzo che ha dimenticato cosa significa essere amati. È la storia di una ragazza che ha fatto un patto della felicità, nonostante il dolore. È la storia di due anime che riescono a colorarsi a vicenda per affrontare la vita senza arrendersi mai.



Con questo libro è stato amore a prima trama - e se non era un modo dire prima, ora lo è diventato. 
Perché? 
Perché ho sentito subito un'affinità con Michele - immediata, forte, dolorosa - sebbene io abbia ancora mia madre accanto a me ma, come dice l'autore nell'intervista alla fine del romanzo, alla fine tutti bene o male sperimentiamo il dolore dell'abbandono ad un certo punto della nostra vita. 

(E vi giuro che cercherò di non renderla estremamente personale come avevo fatto con Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore di Susanna Casciani.)

Michele un giorno torna a casa a da scuola prima del previsto e trova sua madre con una valigia ai piedi e il suo diario in mano. 
E la mamma - la sua dolce, sorridente e meravigliosa mamma - gli chiede se può tenere il suo diario, che non lo leggerà ma che glielo riporterà. 
E Michele, un bambino di sette anni confuso, osserva la sua mamma salire sul treno e partire. 
Non farà mai ritorno. 

Vent'anni dopo Michele ha ereditato il lavoro del padre, quello di capostazione a Miniera di Mare e si occupa amorevolmente dell'unico treno che ogni mattina parte e immancabilmente torna ogni sera. 
Lo stesso treno su cui era salita sua madre, con la differenza che lei a Miniera di Mare non ci è più tornata. 

Michele si prende cura di quel treno, si prende cura di tutti quegli oggetti smarriti che trova nei vagoni e offre loro una casa e un riparo e una compagnia e affetto - quello stesso affetto che a lui è stato negato. 
Il padre gli ha sempre ripetuto che non ci si può fidare delle persone, che tutti sono portati ad ingannarti prima o poi e Michele, con una ferita mai rimarginata a causa dell'assenza della madre, si è rinchiuso in una vita solitaria costituita di brevi pasti e tanta solitudine - non esce nemmeno dal cancello della ferrovia. 
Ha i suoi oggetti smarriti da cui tornare a casa ogni sera e sono gli unici che non possono abbandonarlo. 

Finché una sera Elena irrompe nella sua vita - gli entra di prepotenza in casa alla ricerca di una cosa che ha perso sul treno, gli fa bruciare la cena, invade la sua vita e stravolge la sua routine e quella "pace" che aveva raggiunto. 
Elena è un vulcano, chiacchiera in continuazione, in brevissimo tempo riesce a insinuarsi nei pensieri di Michele, il quale rimane frastornato - improvvisamente ha a che fare con una persona dopo quasi vent'anni di sporadici contatti con solo il garzone del supermercato, il macchinista del treno e il controllore. 
Michele si spaventa e allontana Elena con tutte le sue forze perché non può fidarsi e cerca in ogni suo gesto una prova che il padre aveva ragione, che non bisogna riporre la propria fiducia negli altri. 

E la sera dopo, quasi alla fine del suo giro di ispezione, ecco che trova un quaderno su un sedile e riconosce il suo diario, quello stesso diario che sua madre si era portata con sé tanti anni fa. 
Come fa ad essere lì? Da dove arriva? È stata forse sua madre a portarglielo? E ora dov'è? 

L'unica cosa a cui riesce a pensare è quella di contattare Elena e chiederle se ha visto sua madre. Lei dice di no, ma si propone di aiutarlo a cercarla e studia un piano d'azione per lui da seguire. 
Michele inizialmente rifiuta, ma poi il pensiero che sua madre possa essere alla fine di una fermata del treno ha la meglio e, seppure ancora riluttante, parte. 


È vero, questa è la storia di Michele che parte alla ricerca di sua madre sparita vent'anni prima, ma non è solo questo - più di tutto è la storia della ricerca di se stessi. 

Mi sono vista moltissimo in Michele: tante barriere costruite per proteggersi, sfiducia e diffidenza verso gli altri, insicurezze e tarli che mordono da anni. 
Sempre con quella sensazione che la fregatura sia dietro l'angolo, che qualcosa sia troppo bello per durare.
Sempre con quella solitudine a fare compagnia, con quelle piccole abitudini e gesti rituali rassicuranti che non ti fanno vivere ma solo sopravvivere. 

E tanto per restare in tema con il libro citato prima, Michele vive con il cuore in un ripostiglio e forse lo faccio anche io e per quello tutta la "storia d'amore" con Elena mi ha fatto storcere il naso. 

Elena sul finale si riscatta perché finalmente scopriamo anche la sua storia e c'era una cosa che avevo sospettato, ma poi scartato e alla fine sono rimasta sorpresa quando è stato rivelato che avevo ragione. 
Ovviamente non ve lo posso dire, sarebbe spoiler. 

Comunque Elena mi dava sui nervi inizialmente. 
Ve l'ho detto, forse è perché sono cinica e ho il cuore in un ripostiglio - facciamo pure una cantina - ma il fatto che alla terza sera che lo vede lei si aspetti e cito: "una dichiarazione d'amore".. no, non sta né in cielo né in terra. 
Dopo, quando finalmente conosciamo la sua storia, parte di questi sentimenti risultano accettabili ma all'inizio proprio no, come Michele volevo dirle di tornarsene a casa. 

Dal lato di Michele invece li capivo di più e passatemi la "superficialità" del pensiero - dopo vent'anni di solitudine credo sia anche normale che si "attacchi" a qualcuno che finalmente lo vede come una persona, che vuole e tenta di sapere di più nonostante il senso di fastidio iniziale per l'invadenza. 
Vi ho promesso che non sarei scesa nel personale quindi vi dirò solo che pure io mi sono ritrovata a provare "amicizia" improvvisa per una persona del tutto nuova quando a diciassette anni ho avuto un crollo. 
Ti aggrappi a questa persona perché finalmente senti qualcosa di "vero" e non più solo la tua apatia e la tua noia, ma da qui a provare amore ce ne passa! 

È l'unica cosa che mi ha fatto storcere il naso del rapporto tra Michele ed Elena, questo "amore" che nasce dal nulla quando ci sono cose più importanti a cui pensare. 
E Michele, grazie al cielo, dà la precedenza a queste cose e alcune scenate Elena se le poteva pure risparmiare, anche se nel finale un po' l'ho perdonata perché comunque è lei a dare la spinta iniziale a Michele e a spronarlo anche quando lui sembra voler mollare. 
È la sua presenza che di fatto lo riporta alla vita, non lo shock causato dal diario tornato a casa con quello stesso treno che aveva portato via sua madre. 
E anche Elena ha sofferto, ma ha fatto una promessa e non intende darla vinta al dolore. 

Salvatore Basile a volte usa un linguaggio ricercato per porre l'attenzione sui gesti e sulle emozioni dei protagonisti, su quelle cose che li scuotono nel profondo.  

Questo romanzo è pieno di frasi da sottolineare, di emozioni, di lacrime sull'orlo di cadere - è pieno di vita e di tutto quello che la compone: dolore, gioia, abbandono, speranza.

Michele parte alla cieca e in questo viaggio conosce tante persone - persone che gli donano un sorriso e persone che invece gli fanno venire voglia di mollare tutto e tornare a casa. 
Conosce personaggi strani e a prima vista bizzarri che gli insegneranno lezioni inaspettate e soprattutto conoscerà il vero Michele, in un corso accelerato sulla vita e su tutto quello che ha perso negli anni in cui è rimasto bloccato nei panni del bambino di sette anni abbandonato dalla mamma. 
Sperimenta quindi per la prima volta tutto quello che c'è al di fuori della stazione, lo trova dentro di sé e negli altri, riscopre alcune delle cose di cui si era volontariamente - e inconsciamente - privato quasi si trattasse di una punizione.

Questo romanzo mostra come la vita sia un puzzle a cui mancano i tasselli: alcuni li trovi e si incastrano, altri li perdi per strada e poi magari spuntano di nuovo fuori, altri sono perduti per sempre e alcuni magari non sono l'incastro perfetto ma vanno bene uguale. 

Michele parte alla ricerca di sua madre e nel farlo trova se stesso. 
E forse non tutte le domande hanno una risposta, ma sono meno opprimenti se trovi qualcuno smarrito come te e le condividi con lui. 

"Michele ripensò alla memoria dell'arto fantasma, a quelle dita che facevano sentire ancora la loro presenza. E capì che, in fondo, funziona così anche con le persone. Spariscono, muoiono o, semplicemente, vanno via. Eppure la memoria, molte volte, le rende ancora presenti, come fantasmi."

e ½

2 commenti:

  1. Questo libro è già in whislist, ma adesso devo assolutamente leggerlo!

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    1. A me è piaciuto tanto, quando poi lo leggi fammi sapere! :)

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