giovedì 5 gennaio 2017

Throwback Thursday: "Boy21" di Matthew Quick

Sono stata molto indecisa sul libro da inserire nell'appuntamento di oggi del Throwback Thursday perché scorrendo la mia cronologia di Goodreads mi rendo conto che ci sono tanti libri di cui potrei parlare, ma le recensioni che ho scritto a riguardo sono molto corte ed è passato anche molto tempo per riuscire a ricordarli bene

Però l'autore che ha scritto questo libro è uno dei miei preferiti, è lo stesso autore che ha scritto The Silver Linings Play Book - meglio conosciuto come Il Lato Positivo
E so che non riuscirò mai e poi mai a parlarvi di Forgive Me, Leonard Peacock - tradotto anch'esso in italiano, con il titolo fedele Perdonami, Leonard Peacock - a causa di quello che significa per me, a causa di quello che mi ha trasmesso, a causa della marea di lacrime che mi ha fatto versare. 

Però posso parlarvi degli altri due libri di Matthew Quick che ho letto - e finora tutti hanno preso cinque stelle.

Throwback Thursday è ideata da The Housework Can Wait e Never Too Fond of Books.
Rubrica del giovedì in cui parlo di libri che ho recensito solo su Goodreads o altrove, in quanto ancora non avevo un blog in cui parlarne.


Titolo: Boy21
Autore: Matthew Quick 
Data di uscita: 18 giugno 2013
Pagine: 272 (copertina flessibile)
Editore: Little, Brown Books for Young Readers

Trama [tradotta da me]: Il basket è sempre stato una via di fuga per Finley. Vive in una città dove regnano la mafia irlandese, le droghe, la violenza e la rivalità razziale. A scuola viene chiamato "White Rabbit" perché è l'unico ragazzo bianco nella squadra di basket. Ma quando il fenomeno adolescente del basket Russ arriva a scuola dopo una tragedia famigliare e risponde solo al nome di Boy21, a Finley viene assegnato il compito di aiutarlo ad ambientarsi nella sua nuova vita - anche se questo significa cedergli il suo posto in squadra. La misteriosa ossessione di Russ per lo spazio lo rende diverso da tutti quelli che Finley ha conosciuto - ma mentre l'ultimo anno di scuola passa, potrebbe saltar fuori che "Boy21" è la risposta di cui entrambi hanno bisogno. 



È un libro sull'amicizia, sul difficile mondo della mafia e sulla paura che questa instilla nelle persone, sul migliorare se stessi per allontanarsi dagli errori del passato.

Finley ha smesso di parlare e ha iniziato a giocare a basket per impedire a se stesso di pensare a quello che è successo a sua madre e a suo nonno. A quello che è successo a lui. Ha quello che resta della sua famiglia, ha la sua ragazza Erin e ha il basket.
Non è il giocatore migliore in squadra, ma continua ad allenarsi perché suo padre gli dice sempre che l'impegno può superare il talento e il basket è l'unica cosa che lo aiuta a sopportare Bellmont e quelli che ci abitano.

E poi un giorno il suo allenatore gli chiede di aiutare Russ, una star del basket i cui genitori sono stati uccisi e che ora finge di venire dallo spazio e pretende di essere chiamato "Boy21".
Finley non è sicuro del perché l'allenatore ha scelto lui e va bene, hanno molto in comune, ma Finley non parla tanto quindi come può aiutare Russ a tornare quello che era in modo che ricominci a giocare a basket?
Finley si trova in conflitto: aiutare Russ a stare meglio e così facendo perdere il suo posto di titolare oppure essere egoista perché si è allenato tutta l'estate per essere pronto per la stagione di basket dell'ultimo anno?

Finley e Russ si capiscono attraverso il silenzio, Finley lascia che Russ sia quello che ha bisogno di essere in quel momento e alla fine incoraggia Russ a riprendere a giocare perché lo aiuterà a guarire.
Poi succede qualcosa a Erin e il basket non è più la priorità di Finley.
E se "Boy21" era la maschera che Russ usava per affrontare un giorno dopo l'altro, Finley capisce che era lo stesso per lui con il basket: era qualcosa che lo aiutava a non pensare a quanto accaduto alla sua famiglia. Il basket era il suo modo di seppellire tutto nei recessi della sua mente.

All'inizio è Finley ad aiutare Russ, ma poi Russ ricambia il favore quando Finley comincia ad arrendersi e rischia di mettersi nei guai. È un'amicizia nata dalle rispettive tragedie, ma è quello che li aiuta a superare il loro passato.

Sono rimasta molto delusa dal comportamento dell'allenatore, ma davvero tanto. Secondo me, non gliene importava assolutamente nulla di Finley e invece Finley si fidava di lui per ogni cosa. La priorità dell'allenatore era riportare Russ in campo perché era una star e i suoi genitori erano amici suoi e forse ha visto delle similitudini tra Finley e Russ - ecco perché ha scelto Finley tra tutti gli altri - ma alla fine ha ignorato del tutto Finley quando il ragazzo aveva bisogno di aiuto per capire cosa fosse successo ad Erin. Aiutare Russ, essere suo amico e avergli ceduto il suo posto da titolare non erano stati sufficienti?
Sono rimasta molto delusa perché capisco aver paura della mafia irlandese, ma non si è mai fermato nemmeno una volta a casa di Finley per sapere come stesse dopo che aveva lasciato la squadra.
Che bel gesto da parte di uno che fa tanti discorsi sull'unità, sull'essere una squadra e sull'aiutare i tuoi compagni. 


Ho provato tanta pena il padre e il nonno di Finley, ancora tenuti d'occhio dalla mafia mentre cercano di vivere sempre con la testa bassa perché hanno pagato caro in passato e sanno di essere comunque stati graziati perché poteva - e può ancora - andare peggio. 

Mi sono affezionata a Finley sin dalla seconda pagina quando dice "You can lose yourself in repetition - quiet your thoughts; I learned the value of this at a very young age" perché è qualcosa che ho imparato anche io. Avevo una rigida routine alla quale mi attenevo per evitare di cadere a pezzi quando avevo diciotto anni. Fare le stesse cose nello stesso ordine tutti i giorni mi aiutava a calmare la mente e a non scivolare in brutti pensieri.
Il capitolo 36 è stato come un pugno nello stomaco perché ogni cosa che Finley provava in quel momento, l'ho provata anche io nella mia adolescenza.

Terrò sempre nel mio cuore Finley e i suoi silenzi perché ho visto una parte di me in lui - una parte di me stessa che esiste ancora da qualche parte dentro di me


"And so I don't say anything in response.
Silence has always been my default mode - my best defense against the rest of the world."

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