domenica 22 gennaio 2017

[Recensione] "Era una famiglia tranquilla" di Jenny Blackhurst

Avrei pubblicato questa recensione ieri, ma avevo già un post programmato e non volevo sovrapporli - ecco che quindi la recensione arriva di domenica. 
Programmata anch'essa perché sto scrivendo alle due passate di venerdì notte con il libro appena concluso ancora vicino a me. 

Grazie alla Newton Compton per avermi inviato questo libro tramite il Club dei Lettori.  


Titolo: Era una famiglia tranquilla
Titolo originale: How I Lost You
Autrice: Jenny Blackhurst
Data di uscita: 12 gennaio 2017
Data di uscita originale: 9 ottobre 2014
Pagine: 336 (copertina rigida)
Editore: Newton Compton

Trama: Emma Cartwright ha una vita all’apparenza normale: una bella casa, un gatto, il volontariato la domenica. Nessuno però sa che, tre anni prima, si chiamava Susan Webster e aveva ucciso Dylan, suo figlio di appena dodici settimane. Susan non ricorda nulla dell’accaduto, ma come può non credere a medici, poliziotti e avvocati che hanno raccolto prove quasi schiaccianti della sua colpevolezza? Eppure, nonostante tutti gli indizi siano contro di lei, c’è una piccola parte del suo cervello che non è convinta della versione che le hanno raccontato, che non pensa sia possibile rimuovere un gesto tanto tremendo come l’uccisione del proprio bambino. E se in realtà non fosse un’assassina? E se suo figlio fosse vivo? Susan non può darsi pace finché non trova risposte certe, così decide di lanciarsi in una folle corsa alla ricerca della verità, lottando contro una rete di segreti e bugie che coinvolge proprio le persone che più ama e che minaccia di fare a pezzi tutto il suo mondo. 



Bello, bello, bello. Su Goodreads ho letto recensioni a una o due stelle e forse perché è tanto che non mi capita di leggere un thriller e magari mi sono persa dei capolavori nel frattempo, ma a me è piaciuto. Tantissimo. 

L'ultimo thriller che ho letto risale a maggio dell'anno scorso ed era Gli occhi neri di Susan di Julia Heaberlin. Ricordo che l'inizio di quello era stato per me lento e assai confuso, mentre Era una famiglia tranquilla parte con un certo ritmo e lo mantiene costantemente - accelerando poi alla fine. 

Quando ero piccola - elementari e medie - avevo un "brutto" vizio che i miei genitori detestavano: tornavo a casa da scuola e, mentre pranzavo, leggevo. 
Non è che detestassero il fatto che io leggessi perché, come ho detto più di una volta, anche loro sono fervidi lettori. No, detestavano che lo facessi a tavola e che io fossi così concentrata sulla storia da non parlare con loro e scambiare quattro chiacchiere sulla mia mattinata prima che mio padre tornasse al lavoro. 

Perché questo preambolo? Perché venerdì sera, quando mi mancavano solo una cinquantina di pagine alla fine, bruciavo così tanto dalla voglia di arrivare alla soluzione che volevo sedermi a tavola con il libro di fianco al piatto. 

Il romanzo si apre nel gennaio 2013 con una lettera che Susan Webster scrive alla commissione per la libertà vigilata, nella quale afferma di aver accettato finalmente di essere la responsabile della morte di suo figlio di tre mesi anche se ancora non lo ricorda perché, come le hanno detto i medici, ha compiuto quel terribile atto durante una psicosi puerperale - una grave forma di depressione post-parto

Ritroviamo Susan nel mese di aprile dello stesso anno, ora con il nome di Emma Cartwright in un piccolo paesino a centinaia di chilometri di distanza dalla sua vecchia casa mentre tenta di rifarsi una vita e con il sostegno della sua migliore amica Cassie - conosciuta nell'ìstituto di Oakdale e sua compagna di stanza per quasi tre anni. Non ha nessuno della sua vecchia vita accanto: non il padre che l'ha sempre sostenuta ma che lei ha allontanato per non causargli altro dolore, non il marito che tanto amava e a cui lei ha spezzato il cuore quel giorno di luglio di quattro anni prima.
Susan ormai si è convinta di aver ucciso suo figlio, ma in quella mattina di aprile qualcuno le recapita sullo zerbino fuori dalla porta una foto di un bambino e suddetta foto dietro riporta la scritta "Dylan, gennaio 2013"

Susan è pazza come le hanno sempre detto? È talmente ossessionata dal ricordo di quelle dodici settimane in cui è stata madre che forse ha idealizzato come meravigliose da essere arrivata al punto di spedirsi la foto da sola e non ricordarselo, esattamente come non ricorda il giorno in cui ha soffocato Dylan? Oppure esiste la remota possibilità che suo figlio possa essere ancora vivo? E se nessuno le credesse?

Quello che lei e Cassie all'inizio reputano come uno scherzo di cattivo gusto dovuto all'eventualità che qualcuno abbia scoperto la sua vera identità, assume ben presto la forma di una minaccia mentre gli atti di violenza si fanno più invasivi e concreti. 
Susan è costretta a ripensare agli eventi di quattro anni prima e a chi potrebbe conoscerla e nascondersi dietro tutto questo, mentre con l'aiuto di Cassie e di un giornalista che si presenta alla sua porta ripercorre il processo e le persone coinvolte, determinata a scoprire a tutti i costi finalmente la verità su suo figlio.

Nel frattempo, i capitoli di Susan narrati in prima persona ogni tanto subiscono una battuta di arresto sotto forma di altri capitoli - questi in terza persona - che narrano di persone sconosciute ed eventi avvenuti prima nel 1987 e poi nel 1992, in apparenza totalmente scollegati con quella che è la storia principale. 
Ma poi ecco la prima tessera del puzzle e più avanti eccone un'altra che si aggiunge alla prima. E solo alla fine, solo nelle ultime trenta pagine, si hanno finalmente tutti i pezzi per vedere l'immagine nel suo complesso. 
E non avrete idea della botta pazzesca che sta per colpirvi. 

Mi è piaciuto tantissimo, mi sono immersa nella storia e l'ho divorato. 
Non provavo un trasporto del genere dai tempi del primo Wayward Pines di Blake Crouch, con quella voglia bruciante di avere risposte a tutti i perché.  
Stavo quasi male fisicamente per il bisogno di sapere. 

È una discesa nella paranoia, nella follia, nella psiche e nelle psicosi umane perché qui nessuno è quello che sembra - a parte Cassie che non fa mai mistero del perché fosse stata condannata e rinchiusa a Oakdale. 
Ma ognuno di loro - ognuno dei restanti - nasconde qualcosa, un qualcosa che in alcuni casi è peggio che in altri. 

Ho odiato alcuni personaggi con una rabbia cieca - tanto che ad un certo punto stavo per lanciare il libro visto l'istinto omicida che mi era preso. 
L'angoscia di Susan per suo figlio è fin troppo reale - e lo dico io che non sono madre e non ho un singolo grammo di istinto materno in me. 

Poco prima della metà del libro ho formulato tre ipotesi, man mano che la matassa iniziava a sbrogliarsi: la prima si è rivelata corretta, la seconda no (anche se l'idea di fondo l'avevo indovinata, l'avevo solo applicata alla persona sbagliata) e la terza era giusta in parte. Direi che me la sono cavata con una buona percentuale di istinto investigativo.

Come dicevo all'inizio, il ritmo c'è - nessun personaggio si perde in monologhi troppo lunghi sulla sua vita passata e presente, ma ogni cosa viene svelata al momento giusto e in funzione della trama. Non c'è niente a riempire eventuali "buchi" solo per aumentare il numero delle pagine, non c'è niente di più del necessario.
Anzi, semmai mi è rimasta una piccola curiosità, ma non è nulla di che - nulla che vi lasci con la voglia di sbattere la testa contro un muro perché sarebbe stata un'informazione essenziale e la sua mancanza è qualcosa di imperdonabile

E niente, come al solito anche questa volta ho scritto un papiro, ma questo libro mi ha proprio presa e trascinata con sé nel suo vortice - non riuscirete a staccarvene se non per motivi assolutamente urgenti e continuerete a fare ipotesi nel frattempo, chiedendovi come diamine andrà a finire. 
È un thriller psicologico che in alcune circostanze sfocia anche nella parte fisica e c'è stato un momento in cui ho sofferto parecchio - pagina 125, per chi l'ha letto. 
E sempre in quella circostanza, sempre attorno a quelle pagine, la vicenda mette in allarme e fa drizzare le orecchie alla ricerca di rumori impercettibili - occhio se lo leggete di notte perché poi io ci ho messo un po' ad addormentarmi: leggere quella scena alle quattro del mattino non aiuta a conciliare il sonno. 

Ma bello, bello, bello. Non provavo una frenesia del genere da tempo e ammetto che questo tipo di storie mi è mancato. Ho dovuto faticare parecchio per impedirmi di andare a sbirciare la fine e rovinarmi così la sorpresa. 
Ho fatto davvero come con Wayward Pines di Blake Crouch: appena passava qualcuno nelle mie vicinanze, mi lamentavo che avevo bisogno di sapere. E che il libro devono assolutamente leggerlo. 

E mia madre, come quella volta: zitta e leggi.  

8 commenti:

  1. Ho anche io questo libro in libreria, e sei la seconda persona che ne decanta le lodi, mi sa che non resterà lì fermo ancora per molto xD

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    1. Allora appena lo leggi, fammi sapere come l'hai trovato! :)

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  2. Ciao, ho visto il libro, ma non immaginavo fosse così avvincente!

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    1. Ho già obbligato mia madre a leggerlo - cosa che sta facendo in questo esatto momento. xD

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  3. Ciao, che bello leggere la tua recensione perché è da tanto che non mi trovo tra le mani un thriller decente e la Newton Compton mi ha sempre deluso parecchio in questo genere. Quindi sono davvero contenta che questa sia una storia avvincente e mi fionderò subito a leggerla :)

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    1. Personalmente mi ha entusiasmata, spero che sia lo stesso anche per te! :)

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  4. Ok, dopo la tua recensione sono assolutamente convinta. In WL! ^^

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    1. Ahahaha, a quanto pare la mia recensione è causa di parecchie wishlists che si allungano! xD

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