martedì 11 aprile 2017

[Recensione] "Reykjavík Café" di Sólveig Jónsdóttir

La prima cosa che mi ha colpita di questo libro, quando l'ho visto sul blog delle ragazze di Bookish Brains, è stata sicuramente la cover. 
Dopo il giallo quando ero piccola - ma prima del rosso di adesso, l'azzurro è stato uno dei miei colori preferiti e non ho potuto fare a meno di innamorarmi di tutte quelle sfumature e dell'atmosfera calda che ispirava nonostante la neve. 


Titolo: Reykjavík Café
Titolo originale: Korter
Autrice: Sólveig Jónsdóttir
Data di uscita: 12 marzo 2015
Data di uscita originale: 2012
Pagine: 317 (copertina flessibile)
Editore: Sonzogno

Trama: Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai veramente così. Hervör, Karen, Silja e Mía, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università, chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure quella che, essendo medico, è spesso costretta a turni fuori casa e, guarda un po', la volta che rientra senza avvisare sorprende il neo marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato, un avvocato benestante, e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa obbligata al Reykjavík Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore e dove le loro storie finiranno per intrecciarsi. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, rovesci del destino e risate condite da improbabili consigli, ognuna troverà il modo di raggiungere la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.



Sembra un chick-lit, vero? Non lo è. 
Dalla trama forse sembra anche che queste quattro ragazze siano amiche, che si incontrino al Reykjavík Café per parlare delle loro vite, ma in realtà si incrociano a malapena per sbaglio due o tre volte nel romanzo. 
E non sempre con esiti del tutto positivi. 

Abbiamo Hervör, che al Reykjavík Café ci lavora e che non ne è per niente felice. Fresca di laurea in Economia, non ha ancora idea di cosa farne della sua vita ma il prestito studentesco di certo non si ripagherà da solo, quindi ecco perché fare la barista al Reykjavík Café è meglio di niente - anche se non è di certo l'aspirazione della sua vita. 
Mettiamoci pure il fatto che il suo ex-professore ha messo fine al loro status "friends with benefits", ma Hervör ancora non sa se doverci rimanere male o meno e per fortuna che c'è il suo collega Georg a tirarle su il morale. 

C'è Mía, che ora vive in una mansarda sbattendo la testa tre volte al giorno nella trave del soffitto dopo che il fidanzato l'ha mollata per un'altra. Inizia quindi per lei un profondo periodo di prostrazione fisica ed emotiva.

Poi Silja, medico, che torna a casa dopo un turno sfiancante in ospedale e trova una ragazza che sta lasciando il letto occupato da suo marito. E dopo un incidente con un coltello, un bagno al cellulare e una dormita in macchina sul molo, Silja pensa bene di far salire in macchina un ragazzo inglese che sta per morire congelato in una fredda mattinata islandese di gennaio. 
Ammetto anche che, nonostante capissi la rabbia di Silja e la consapevolezza che probabilmente avrei reagito nel suo stesso modo, lei è stata anche quella che mi ha dato più sui nervi. Probabilmente perché in caso di tradimento io sarei più propensa ad addossare la maggior parte della colpa a lui e ad incolpare meno la "zoccola" che ci è andata a letto - anche se questo significherebbe ammettere che sono stata cieca a non accorgermi che c'era qualcosa che non andava.

Infine c'è Karen, quella forse più problematica di tutte. 
Quella che beve troppo e fuma, con una situazione famigliare per niente idilliaca se non fosse per l'amore dei nonni e che salta da un letto all'altro cercando di anestetizzare il dolore di un lutto che sembra non voler attenuarsi. 

I capitoli del romanzo danno di volta in volta voce ad ognuna di loro - anche se forse Mía è quella più "trascurata" della quattro. 
Sono ragazze giovani, tutte più o meno sui ventisette anni, alle prese con problemi lavorativi, relazionali e amorosi. Non è stato affatto difficile vedere me stessa - che ho la loro età - in ognuna di loro e in alcune piccole cose. 
La confusione di Hervör riguardo alle relazioni, ai sentimenti che prova e al suo futuro. Il malcontento di Mía incapace di trovare un lavoro che la soddisfi. La rabbia di Silja. Ma soprattutto il dolore di Karen.

Le loro storie si intrecciano a Reykjavík, in questa città che viene definita troppo piccola e in cui è facile incontrare sempre le stesse persone. Si intrecciano in questo gennaio nevoso e freddo, forse il più freddo che abbiano mai conosciuto fino a quel momento - un inverno in cui la luce del giorno inizia a spuntare davvero solo mezzogiorno. Lo stesso inverno e lo stesso buio in cui sentono immerse le loro stesse vite. 

Sono ragazze che soffrono, che di sicuro fanno un uso esagerato di alcol e caffè - un po' per anestizzarsi con il primo e un po' per avere qualcosa di caldo a cui aggrapparsi. Ma sono anche ragazze che dopo l'apatia tentano, a piccoli passi, di rimettersi in piedi. 

Nello svolgimento dei capitoli a volte si torna un po' indietro, si torna a vedere lo stesso evento da un altro punto di vista - si riconoscono gli altri personaggi che bene o male passano per le vite di tutte e quattro, a volte sfiorandosi e a volte avendo un ruolo più consistente, ed è come ricostruire un puzzle per avere il quadro d'insieme. Il cambio dei capitoli ci fa anche rendere conto di come, nelle poche occasioni in cui si incrociano, ognuna delle ragazze pensi che l'altra abbia una vita perfetta e assolutamente invidiabile - ignorando invece la marea di problemi che sta dietro la facciata.
E queste quattro ragazze ci portano alla scoperta dell'Islanda e dei suoi abitanti, dalle luci della città alle zone più solitarie del molo e delle cittadine di mare. 

Il finale è forse un po' affrettato e dopo essere stata così partecipe dei pensieri, dei desideri e dei problemi di queste quattro ragazze, mi aspettavo forse qualcosa di più approfondito e dettagliato. 
Ma è comunque un romanzo scorrevole che si chiude con una nota di speranza portata dalla primavera che sta facendo capolino nell'Islanda di inizio marzo - un romanzo capace di scaldare il cuore nonostante la neve e il ghiaccio all'esterno

e ½

2 commenti:

  1. Concordo, il romanzo è un po' "squilibrato" nel dare pochissime attenzioni a Mia. E quel finale... beh, fin troppo frettoloso!

    Fede :)

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    1. Diciamo che dopo la valle di lacrime mi sarei aspettata di più dalla conclusione.

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